di Silvio Vitone
Sarà difficile crederlo, ed ancor più farlo capire, ma Ladispoli nonostante le cementificazioni passate e recenti, ha un territorio con spiccata vocazione ambientale Non si può infatti passare sotto silenzio il fatto che, appena fuori dalla dallo spazio edificato, purtroppo in continua proliferazione, si entra in contatto con realtà straordinarie.Apre l’elenco, non virtuale,l’oasi di Torre Flavia, vero scrigno di biodiversità avifaunistica; anche di recente è salita agli onori della cronaca per la travagliata tutela di un minuscolo uccellino ( il fratino ). Si può continuare con le meno note, ma non ai consumatori ed ai buongustai , distese agricole di Monteroni, cheoffrono pregiate coltivazioni ortofrutticole Infine Palo Laziale, luogo di fascino e di mistero. Più che una località, è un mosaico di ambienti e di bellezze storico – naturalistiche. A mia avviso è una magica enclave, che ospita un meraviglioso castello, un bosco planiziario e reperti e resti della civiltà etrusco – romana. Dopo le spiagge sabbiose di Maccarese e Passoscuro, procedendo verso nord ed in pratica dopo la foce del fosso Cupino ed il moderno insediamento urbano di Marina di San Nicola, Palo Laziale si presenta all’osservatore con la sua costa rocciosa, che si protende nel mare.
Queste rocce, a picco,quasi a formare una falesia, soggette attualmente a fenomeni erosivi , sono costituite da argille e macco. Il macco è rinvenibile anche tra i ruderi ( di epoca romana ) di San Nicola e nella vicina Ceri. Si tratta di biocalcareniti e arenarie calcaree, nelle quali è presente una gran quantità di fossili. Secondo il geologo Dragone la sua formazione dovrebbe essere collocata tra il Pliocene Medio e quello Superiore. Quello che interessa maggiormente dal punto di vista naturalistico, però, è il bosco. In proposito,Pratesi e Tassi nel loro libro “ Guida alla natura del Lazio e dell’ Abruzzo” fanno notare che è uno degli ultimi brandelli della selva che una volta si stendeva dal Tevere a Santa Marinella. La vegetazione è quella di un bosco igrofilo con piscine e stagni, alcune zone caratterizzate da piante della macchia mediterranea e un parco con specie vegetali esotiche. Tra le piante e gli alberi trovate ginepri, palme, lentisco, filliree, mirto, stracciabraghe, erica arborea, alaterno, leccio. Il bosco è invece formato da cerri, roverelle, frassini, allori, olmi e orchidee spontanee. La fauna annovera il tasso dell’oasi, ma anche istrici, faine, donnole, volpi e puzzole. Nelle piscine vivono le Testuggini palustri (Emysorbicularis), mentre nella macchia e nel bosco vi sono molte testuggine terrestri e gli uccelli marini che si trovano lungo la costa. Il bosco di Palo diventa un’area gestita dal WWF , nel 1980, ( un’oasi, ma non un’area protetta ! ) grazie ad un accordo con i proprietari, la famiglia Odescalchi. I 120 ettari di vegetazione del bosco regalano ancora oggi al visitatore una suggestiva immersione negli antichi scenari laziali. Per molto tempo questo bosco è stato utilizzato come riserva di caccia; i pontefici, come Leone X, la usavano per catturare al suo interno caprioli e daini. Oggi, l’oasi ( nel senso già precisato ) resta forse una delle poche “riserve”, a ridosso della costa, dove volpi, istrici, tassi, ma anche puzzole, ricci e faine, possono trovare rifugio.
Oggi, la fruizione dell’Oasi di Palo non è più gestita dal WWF, ma dall’associazione Natura per Tutti, la cui mission è la creazione di una cultura della difesa del patrimonio naturale e della sua conservazione. Qualche tempo fa, l’associazione ha lanciato l’iniziativa Nature for All, un progetto che prevede l’unione delle forze di tante associazioni impegnate nella protezione e promozione del patrimonio naturale. A tale riguardo, il suo fondatore, il naturalista Antonio Pizzuti Piccoli, ha dichiarato che “da oggi, l’esperienza di Natura per Tutti potrà essere condivisa per creare, in altre realtà ed in altri stati, esperienze ed attività in natura accessibili ed inclusive per tutti.
E’ storia recente che con il progetto europeo “Life primed” , nel bosco di Palo sono stati individuati 50 ettari di bosco degradato su cui verrà realizzato un intervento di recupero. Un intervento complesso e delicato perché si interviene su un ecosistema molto fragile e già ampiamente compromesso per la carenza, che ha compromesso molte alberature. Non voglio aggiungere altri particolari all’ aspetto naturalistico, per non togliere spazio ed attenzione alle opere edilizie ed ai manufatti presenti in quest’ angolo di territorio ladispolano; mi riferisco al castello, alla Posta Vecchia ed al borgo dei pescatori. Per capirne meglio l’importanza che ebbero in passato penso che sia opportuna una breve ricognizione storica. Salto a piedi pari il periodo etrusco – romano, che vide il sorgere e prosperare uno dei porti dell’ antica Caere, chiamato Alsium. Su questo periodo storico che arriva fino alla tarda antichità, vale a dire fino al V secolo d.C., si è scritto a molto ( forse anche troppo ) da parte di eruditi ed anche da parte di esegeti locali.
Perciò non mi soffermo. Invece giova sottolineare che senza Palo, vale a dire il suo castello ed il contiguo borgo, Ladispoli non esisterebbe. Infatti vi è una continuità – ideale e storica – tra il borgo dei pescatori e l’attuale abitato di Ladispoli; non pochi, ormai i più anziani, sono nati nelle case che circondano il castello. D’altra parte Ladispoli, un tantino pomposamente, vuol dire, città di Ladislao, della famiglia Odescalchi. Gli Odescalchi sono gli attuali proprietarti del castello e del suo ampio ciorcondario. Non dimentichiamo le origini! E cominciamo dal Medioevo.
Nel settore della Campagna romana compreso tra la costa tirrenica e le colline dell’entroterra, a cavallo del percorso della via Aurelia, i discendenti di Stefano Normanni svilupparono tra la fine del secolo XII e i primi decenni del successivo una ampia signoria territoriale composta di almeno nove castelli-villaggio (castra) e una villa, pur avendo perduto il controllo su Cerveteri.
Promotore di questo radicale riassetto territoriale fu un nipote di Stefano Normanni, Alberto figlio di Giovanni, vero capo della famiglia, quando questa sembrava essersi ridotta nuovamente a un unico ramo significativo. Di Alberto sappiamo che ricoprì l’importante ufficio comunale di magister edificiorumUrbis nel 1238; il suo testamento, dettato nel febbraio 1254, fornisce una grande quantità di dati su di lui, sulla sua ricchezza, sul suo grande patrimonio urbano (situato sia nel rione Trastevere sia nel rione Ripa, alle due estremità del ponsSancte Marie, oggi noto come Ponte Rotto) e suburbano e su alcune sueamministazione. Con riferimento ai soli castra con i loro territori, alla morte di Alberto, a Giovanni Stefano toccarono in eredità Ceri, Palo, Luterno, Castel Campanile e Castel Lombardo. Nella prima metà del Cinquecento nel Lazio e a Roma si sviluppò una grande fioritura artistica sotto l’egida di papi come Alessandro VI e Paolo III; a questa fioritura artistica non si accompagnò tuttavia un parallelo sviluppo civile della regione.
Nel terzo decennio del Seicento iniziò infatti, nel Lazio e, più in generale, nell’intero Stato Pontificio e in Italia, una crisi economica e sociale di lunga durata che si protrasse fino agli inizi del Settecento. Fu solo nella seconda metà del XVIII secolo, grazie alle riforme e ai lavori di bonifica del litorale laziale voluti da papa Pio VI (1775–1799), che l’agricoltura della regione iniziò a risollevarsi e, con essa, le dinamiche demografiche locali, contraddistinte da oltre un secolo di stagnazione. E veniamo al periodo degli Orsini.
Con Paolo I Giordano Orsini (1541 – 1585) la signoria di Bracciano ad opera del papa Pio IV viene elevata al rango di ducato. ll ducato comprendeva sette terre: Bracciano, Anguillara (legata all’Orsini da unione personale), Cerveteri, Trevignano, Monterano, Campagnano e Formello, nonché altre venticinque tenute, tra cui Palo e Viano. Nell’ultimo periodo, quello certamente più fulgido, Palo Laziale entra nel patrimonio degli Odescalchi.
A loro lo cedono , nel 1693, gli Orsini ormai indebitati fino al collo. Questa è la storia, più o meno nota, di Palo Laziale.
Vi sono altri aspetti che però converrebbe mettere in evidenza. In primo luogo la sua fruibilità.
Tante meraviglie, tante opportunità di storia, cultura e natura sono godibili, se non in minima parte, da parte di chi ce li ha proprio a portata di mano: i Ladispolani.
I Ladispolani sono quasi del tutto preclusi alle bellezze, che per diritto e retaggio storico appartengono alla loro comunità.
Non è un belvedere osservare la strada, che bordeggia l’oasi, riempirsi di sudati podisti, atleti della domenica, cavalieri e cavalli, macchine dirette alla Posta Vecchia e di gente- insomma – che cerca spazi vivibili per camminare e rilassarsi.
E questi spazi di natura e vivibilità, dove stare all’aria aperta, a Ladispoli continuano a diminuire.
Perché non si apre ai visitatori ed ai turisti, la Posta Vecchia, il Castello, e l’antico borgo?
Si obietterà : questi edifici e lo stesso borgo sono in mano a privati. Ricordo, però che fino a qualche anno fa nella splendida cornice dei giardini della Posta Vecchia era possibile d’estate ascoltare bellissimi concerti di musica di alto livello.
Diverso discorso si può svolgere per la costa rocciosa. Ricordo che una volta non era difficile arrivare fino a Marina di San Nicola passando lato mare. Oggi invece, soprattutto d’inverno, a causa dell’ erosione, occorre essere dei provetti escursionisti per non finire tra i flutti.
E l’erosione ha compromesso preziose testimonianze del tempo passate; alcune sono state inesorabilmente cancellate. A onor del vero la traversata – lungo la scogliera – anche se faticosa ed a tratti pericolosa, offre la vista di praterie e boschi, dei complessi monumentali del castello e della Posta Vecchia.
Vi è poi il lato meno simpatico della faccenda “l’assedio” al bosco di Palo, in termini di speculazione edilizia, nelle sue immediate adiacenze, che ne compromette il “respiro” ecologico – ambientale.
Non sto qui ripercorrere la sofferta storia delle nuove cubature.
Vi basti sapere che “Il nuovo progetto vedrà dunque la realizzazione di un albergo, di un impianto sportivo e di un edificio destinato a servizi per attrezzature di quartiere con la cessione al Comune di un’area di circa 12 mila metri quadri da adibire a servizi pubblici”.( Quotidiano telematico il Faro 29 novembre 2019 )
Per ora ( e fino ad oggi ) ci possiamo consolare, dopo aver goduto dello spettacolo del “Celtic Festival” , organizzato nei primi giorni di settembre 2021 proprio ai margini del bosco, nell’ ampia radura, che lo precede.
Questo significa, tra l’altro, che ben altre debbono essere le destinazioni degli spazi intorno alle bellezze storico – naturalistiche di Palo Laziale.
Ed infine dobbiamo tributare un gran rispetto per questa località dove sono vissute grandi personalità del passato dai papi ai viaggiatori dal Dennis al Lawrence.
In ogni caso, qui è approdato Il celeberrimo Caravaggio, anche se sul luogo della sua morte si possono ancora sollevare alcuni dubbi.
Termino con una proposta che è un po’ una provocsazione; gli odierni amministratori della cosa pubblica locali e regionali dovrebbero guardare al passato a quegli Orsini ed a quegli Odescalchi, che seppero trasformare una zona palustre ( palus ? ) in un giardino di delizie e di accoglienza.
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