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TROVIAMO LA MAMMA DI ENEA!

di Ugo Russo

Ben ritrovati, cari amici lettori. Avevamo deciso di allungare le nostre vacanze pasquali ma la notizia che sta imperversando sul web, sui giornali cartacei e sui media televisivi e radiofonici è talmente grossa che non è possibile trattarla più in là, anche perché sono ore decisive su quanto potrebbe avvenire. In un mondo caratterizzato dalla cattiveria, dalla assoluta decadenza dei valori, dalla mancanza di rispetto l’uno verso gli altri e viceversa, è esplosa, proprio nel giorno della appena passata Pasqua, una vicenda da libro Cuore, perché è un qualcosa che abbiamo sentito e risentito ma al contrario; dove il protagonista non è stato stavolta il menefreghismo, il non pensare all’importanza di una vita umana che può essere tranquillamente gettata in un cassonetto, ma la dignità, l’esporsi in prima persona (tanto da poter essere vista nel momento del tragico gesto; tragico per lei madre, particolarmente), il lasciare un’accorata lettera (in cui segnalava che era costretta a farlo per non sapere quale futuro dare al pur adorato figlio, ergo dettata dalla mera disperazione), lo scegliere volutamente un giorno speciale, la Pasqua, per l’appunto, la resurrezione di Gesù, per lasciarlo non al freddo, non su un marciapiedi, non nel cassonetto suddetto ma in una culla riscaldata, la “Culla per la vita” della Clinica Mangiagalli di Milano. Come dire: “Sono disperata, non vorrei mai staccarmi da lui, ma voglio che abbia un futuro bello, scevro da sacrifici, pieno di soddisfazioni e amore”. Al momento dell’uscita di questo articolo la donna non ha ancora rivendicato il diritto (che la legge stabilisce in dieci giorni dal momento dell’abbandono) di riavere il bambino, cui lei ha dato il nome di Enea, con sè; facendo i conti, però, i dieci giorni scadono oggi e fra poche ore verrà stabilito di dare il neonato in adozione. NO!!! Sarebbe un errore ancora più grave dell’averlo lasciato (non si dovrebbe mai abbandonare il figlio appena nato, ma c’è da considerare l’esasperazione cui era arrivata la donna, che, ne siamo convinti, dal momento dell’abbandono di Enea starà piangendo con il cuore straziato; NO, RIBADIAMO CON FORZA, cerchiamo e troviamo questa mamma!!! L’amore grande, vero, a Enea lo potrà garantire solo lei. Aiutiamola e ricomponiamo una coppia che si è formata per essere tale e non si può staccare per nessun motivo. In italia (sempre, almeno per ora, con la prima lettera minuscola) c’è chi incassa ogni mese un vitalizio di cui dovrebbe averne vergogna e non vanto; c’è l’emittente di stato che se nomina un direttore, pure se questo viene messo da parte e per trent’anni non fa più nulla, continua a pagarlo con lo stipendio da direttore e va anche in pensione con tale remunerazione; ancora, manteniamo tanti migranti che non fanno nulla e costano tantissimo alle nostre tasche! Dunque, troviamo i soldi per Enea e la mamma, lei sì ha diritto di vivere con un congruo vitalizio in maniera da dare al figlio tutto quello (e anche di più) di cui necessita. Non facciamo gli ipocriti a parlare di questo caso in modo compassionevole, facciamo sprigionare il vero amore che c’è tra questa donna e il bambino partorito dal suo grembo. In più, ridiamo un po’ di patriottismo a questa nostra terra, tra l’altro in balìa dei voleri degli altri e che ha perso del tutto la propria indipendenza, nominando come mascotte nazionale proprio Enea. Anche all’estero tornerebbero a guardaci con simpatia e nella condizione di fare le cose più giuste. Come sarebbe bello vedere un’immagine come quella a fianco: il pupo sicuro soltanto quando è in braccio alla propria madre.

A proposito, sia la menzionata foto che quella sotto al titolo nulla hanno a che fare con i protagonisti della storia, ma vanno fatti solo i complimenti agli autori di così pregevoli scatti che ringraziamo. Come in tutte le cose, però, si crea subito una pericolosa voglia di emulazione. Così, pochi giorni dopo, in un altro ospedale sempre del capoluogo meneghino, è stata abbandonata un’altra creatura, una bimba alla quale non è stato dato un nome. La madre, una donna senza fissa dimora che aveva appena partorito in un capannone vicino, non ha voluto fornire le proprie generalità, lasciando in fretta il nosocomio. Ecco, non è e non deve essere un gioco e soprattutto una moda. Recita un noto detto popolare: hai voluto la bicicletta? Pedala. In tal caso, hai voluto il bambino? Ora lo tieni. E’ un dono di Dio, non è un giocattolo di cui disfarsene facilmente. E non avrebbe voluto disfarsene neppure la mamma di Enea, questo è sicuro ed anzi è probabile che abbia voluto lanciare un grido di allarme: Aiutatemi!!! Qualcuno deve sapere chi è, dove trovarla e facciamolo in fretta. E lo stato intervenga subito prima che si entri nel troppo arzigogolato labirinto delle leggi e faccia quello che abbiamo suggerito nel testo che avete appena letto. Il nostro paese ancora si identifica con il suo mangiare, che è sempre il migliore del mondo, le sue città piene di straordinari monumenti e opere d’arte, e con il saper regalare storie di vera commozione e trasporto. E questa è, senza dubbio alcuno, una che deve avere, perché lo merita, un lietissimo finale.

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