Una delle professioni nel mondo del calcio che sta prendendo piede è certamente quella del Talent Scout e Procuratore Sportivo. Ambiti che finalmente la legislazione ha deciso di regolarizzare per evitare la jungla del passato che tanti danni ha provocato allo sport. Per approfondire la conoscenza con questa realtà, abbiamo intervistato Antonio Onorati, Talent Scout e futuro Procuratore Sportivo. Come è iniziata la tua avventura?
“Sono un talent scout che da diversi anni lavora nel calcio, con l’obiettivo di scoprire e portare nuovi talenti dal mondo dilettantistico a quello professionistico. Il mio percorso è un po’ atipico: non provengo da un grande club o da una carriera calcistica. Tuttavia, la passione è rimasta e si è trasformata in un’ossessione per lo scouting, per il riconoscimento del talento e per capire le dinamiche del gioco. Ho iniziato da autodidatta, spinto da una passione fortissima per il calcio e da una curiosità innata nel capire cosa rende un calciatore davvero speciale. In questi anni ho avuto il privilegio di portare oltre 50 ragazzi nel professionismo, con alcuni che hanno esordito in Serie B a soli 17 anni e altri che sono stati convocati in Serie A”.
Quando hai iniziato a muovere i primi passi come osservatore?
“Ho cominciato in modo indipendente, guardando centinaia di partite, analizzando dati, costruendo un mio database e allenando la mia capacità di osservazione. Nel 2021 ho segnalato Pablo Torre, che all’epoca giocava nel Racing Santander ed era praticamente sconosciuto. Poco tempo dopo è stato acquistato dal Barcellona. Questo episodio ha dato una forte spinta al mio percorso. Ho ricevuto tante risposte positive da club professionistici europei e in seguito ho iniziato a collaborare con alcuni procuratori italiani, fino ad arrivare a un’importante collaborazione con un noto professionista del settore”.
Qual è la soddisfazione più grande che hai vissuto finora in questo lavoro?
“La più grande è stata prendere un ragazzo di soli 17 anni da una società dilettantistica e portarlo in una squadra di Serie A. In pochi mesi è passato da un campo di provincia a essere convocato a San Siro contro il Milan e all’Allianz Stadium contro la Juventus. Un altro ha esordito in Serie B a soli 17 anni. Ma la soddisfazione più bella, in generale, è vedere i ragazzi che hai scoperto sui campi dilettantistici apparire poi in TV, in stadi importanti. È una sensazione che ripaga di ogni sacrificio”.
Come descriveresti la tua metodologia di lavoro?
“Il mio lavoro si basa su una metodologia molto precisa e strutturata. Durante la settimana analizzo partite e giocatori tramite video e utilizzo un sistema di algoritmi insieme a un database personale per fare una prima scrematura. Il weekend lo dedico alla visione diretta sui campi, osservando partite giovanili e dilettantistiche. Ogni giocatore viene valutato seguendo quattro parametri fondamentali: qualità tecniche, tattiche, fisiche e comportamentali.
Stilo relazioni dettagliate che includono osservazioni sulle prestazioni, sulla lettura del gioco, sull’atteggiamento in campo e sulle potenzialità future. La valutazione di un calciatore si costruisce nel tempo: più lo segui, più riesci a determinare il suo valore assoluto e capire se ha le qualità per arrivare in alto”.
Qual è la parte più difficile del tuo lavoro?
“Il lavoro di scouting non è mai facile, ci sono tante difficoltà. A volte, bisogna aspettare mesi per vedere concretizzarsi un’opportunità per un giocatore. È frustrante quando un talento non riesce a farsi notare per motivi che non dipendono dalla sua qualità, come una semplice scelta di un allenatore o un periodo di forma negativa. Ma io credo fermamente nel potenziale di ogni ragazzo che decido di seguire”.
Che tipo di rapporto hai con i direttori e gli allenatori dei club?
“Ho costruito rapporti solidi con tanti dirigenti. All’inizio non è stato facile, soprattutto per la mia poca esperienza nel calcio giocato. Ma negli anni ho guadagnato la fiducia delle persone giuste grazie alla competenza e alla serietà con cui svolgo il mio lavoro. La chiave è essere sempre professionale e mai accontentarsi. Quando una società sa che puoi proporre giocatori validi, il rapporto si basa sulla fiducia reciproca”.
Guardando al futuro, dove ti vedi tra qualche anno?
“Il mio sogno è diventare uno dei migliori procuratori sportivi al mondo. Voglio continuare a dimostrare quello che posso fare e lasciare un segno duraturo nel calcio. Mi piacerebbe poter crescere con i ragazzi che seguo e aiutarli a raggiungere il successo, sia dentro che fuori dal campo”.
A chi dedichi questo percorso?
“Lo dedico a mia figlia, che rappresenta la mia forza e la mia motivazione più grande. Ogni passo che faccio è anche per lei. Colgo l’occasione per ringraziare Ortica Social che dedica ampio spazio al mondo del calcio, sopratutto quello dilettantistico. Continuerò a lavorare con passione e determinazione, per portare sempre nuovi talenti nel mondo del calcio”.

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