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Ladispoli e Cerveteri rivogliono il Posto di primo intervento. E’ boom di chiamate alle ambulanze del 118

Nessuno lo dice apertamente ma la situazione dell’assistenza sanitaria a Ladispoli e Cerveteri è arrivata ad un punto di non ritorno. Tra pochi giorni il litorale sarà affollato dai villeggianti romani, la popolazione sfiorerà le duecentomila presenze con picchi più elevati la settimana di Ferragosto. Ebbene, a fronte di questi numeri, a Ladispoli e Cerveteri in caso di emergenza è meglio farsi il segno della croce e sperare di arrivare in tempo ad un pronto soccorso di Roma, Bracciano o Civitavecchia. Con l’ambulanza o con mezzi propri. La realtà dei fatti evidenzia che il Posto di primo intervento è stato di fatto smantellato, diventando un semplice presidio di cure ambulatoriali. Ovvero, una guardia medica con mezzi limitatissimi e zero possibilità di intervento in casi delicati. Ma medici ed infermieri hanno le mani legate anche in situazioni meno gravi. Qualche esempio? All’ex Posto di primo intervento della via Aurelia non si effettua più un elettrocardiogramma, non si possono più stabilizzare i pazienti. È perfino impossibile farsi suturare una ferita in caso di perdita di sangue. E potremmo citare altri servizi sanitari che sono scomparsi dal presidio a cui facevano riferimento gli oltre novantamila residenti di Ladispoli e Cerveteri. Con grande disagio, i medici della struttura di via Aurelia sono costretti ad invitare gli utenti ad andare in un pronto soccorso di un ospedale, oppure nei casi più gravi a chiamare l’ambulanza del 118. È ovvio che medici ed infermieri siano incolpevoli, lo smantellamento di quello che in anni passati era il pronto soccorso di Ladispoli nasce da decisioni governative che si sono rivelate fallimentari e pesano come un macigno sulla pelle dei cittadini. Davanti ad uno scenario vergognoso, nel quale la tragedia è potenzialmente dietro l’angolo, la gente di Ladispoli e Cerveteri ha compreso di essere stata abbandonata scegliendo di chiamare sempre le ambulanze del 118, avendo capito che è inutile recarsi all’ex Posto di primo intervento della via Aurelia. Ma le conseguenze si stanno rivelando nefaste per le ambulanze come confermano i numeri scoperti da Ortica Social. Negli ultimi tempi le due ambulanze del 118 in servizio a Ladispoli, di cui una è operativa solo 12 ore al giorno, hanno già ricevuto 900 chiamate. Una mole di lavoro elevata, oltretutto lasciando scoperto il servizio dato che per andare e tornare da un pronto soccorso capitolino possono passare anche tre ore. Anche l’ambulanza in servizio a Marina di San Nicola è stata travolta da 450 richieste di aiuto in poco tempo, così come l’automezzo del presidio di Palidoro che ha risposto a 350 chiamate. Un numero di richieste di intervento generato sia da reali casi gravi, ma spesso dal fatto che ormai la gente preferisce chiamare l’ambulanza anche per situazioni che in precedenza si potevano risolvere o stabilizzare all’ex Posto di primo intervento di Ladispoli. È una vicenda che rischia di esplodere, la stagione estiva sta entrando nel clou, una miccia a lenta combustione che potrebbe deflagrare da un momento all’altro. Vi immaginate, come esempio pratico, come potrebbe reagire una famiglia che portasse il bambino che sanguina all’ex Posto di primo intervento e si sentisse rispondere che non possono mettergli nemmeno i punti per fermare l’emorragia? Crediamo che sia necessaria una mobilitazione civile ma determinata, non si può accettare passivamente che novantamila residenti e le decine di migliaia di vacanzieri estivi siano di fatto a rischio per lo smantellamento del presidio di assistenza sanitaria che sembra un semplice ambulatorio del medico di famiglia. I Comuni di Ladispoli e Cerveteri non hanno competenza diretta sulla sanità, ma possono iniziare ad alzare la voce per chiedere che il Posto di primo intervento torni a garantire almeno le prestazioni essenziali. E non ci facciamo prendere per il bavero con la storia che nell’area della Casa della salute di Ladispoli sono iniziati i lavori di costruzione della Casa di Comunità che risolverà tutti i problemi. Sia chiaro che le Case di Comunità non sono un pronto soccorso. Sono strutture sanitarie territoriali che offrono servizi di assistenza primaria, prevenzione, cura e riabilitazione, con un approccio multidisciplinare, ma non gestiscono emergenze mediche acute. È chiaro che sarà una struttura importante, un valore aggiunto, ma non risolverà il problema dell’ assistenza in caso di emergenza. Ci auguriamo che possa arrivare fino a Roma il fatto che la popolazione di Ladispoli e Cerveteri rivuole il Posto di primo intervento attrezzato per garantire soccorsi in grado di evitare il peggio.

5 commenti

  • Concordo pienamente con voi quanto scritto anche se ci sono altre carenze nell’assistenza sanitaria distrettuale. Carenze che fino a qualche anno fa non cerano, questo è colpa della politica sanitaria regionale e locale e dei dirigenti che stanno modificando il modo di operare nel settore sanitario.

  • spero vivamente che venga ripristinato ciò che era evidentemente INDISPENSABILE. La nostra salute non è per nulla cautelata.

  • Intervento assolutamente lucido e condivisibile. la situazione è totalmente irrispettosa degli interessi di un intero territorio e di migliaia di cittadini.

  • uno squallore totale, il Pit era un importante punto di riferimento sanitario ed in verità un bacino di utenza come Ladispoli e Cerveteri avrebbe bisogno di almeno di un pronto soccorso o meglio ancora di un ospedale. Fortuna che la salute dovrebbe essere un diritto!!!

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