Frequentando da molti, ma molti anni, Marina di San Nicola, tanto per essere precisi fin da quando nel 1952 e nel 1953 il mio Carissimo Amico Sergio Leone fu assistente alla regia del bravissimo Mario Soldati e Costui girò due gran bei film tratti dai romanzi di Emilio Salgari interpretati il primo, nel 1952, dal titolo “I tre corsari”, da Renato Salvatori ed Ettore Manni ed il secondo (con lo stesso titolo del libro) “Jolanda la figlia del Corsaro Nero” con Renato Salvatori e May Britt (che è ancora viva a 91 anni) ho sempre ammirato in loco le splendide tamerici che ornano i suddetti luoghi in maniera sublime. Per chi non lo sapesse le suddette piante, che possono avere anche dimensioni di alberi, vivono benissimo a ridosso del mare per tutta una serie di loro caratteristiche che permettono loro di assorbire, senza subirne le conseguenze, anzi, la fortissima salinità da esso sprigionata. In particolare tollerano bene la salsedine, grazie alla presenza di ghiandole escretrici sulle foglie che rilasciano il sale in eccesso. Queste straordinarie piante, proprio per le loro specificissime caratteristiche, hanno avuto, da sempre una antica “ribalta letteraria” come simbolo vivente di tenacia, pazienza, umiltà e profondo coraggio. Tanto è vero ciò quando, addirittura nell’Iliade di Omero, “Adrasto, incalzato da Menelao, inciampa col cavallo in un cespuglio di tamerici”. E poi ancora vengono citate da Virgilio nella Quarta Bucolica (siamo nel 39 a.C. e “Le Bucoliche” è una raccolta di dieci poesie pastorali scritte da Publio Virgilio Marone) quando asserisce che “non tutti amano gli arbusti e le umili tamerici” tradotto dal latino “non omnes arbusta iuvant humilesque myricae”. Il tutto ripreso anche da Giovanni Pascoli che titola con il nome di questa pianta una sua raccolta di poesie “Myricae”. Ed ancora le troviamo nel più famoso componimento di Gabriele d’Annunzio “La pioggia nel pineto”: “piove su le tamerici/salmastre ed arse…” E se ciò non bastasse per la fama letteraria delle tamerici le reperiamo ancora nella famosa e bellissima raccolta poetica “Ossi di seppia” (che come letterato amo tantissimo), pubblicata nel 1925, di Eugenio Montale: “non erano che poche case/di annosi mattoni, scarlatte,/e scarse capellature di tamerici pallide”. Ed addirittura in epoca molto più moderna, nel videogioco “Age of Mythology”, le tamerici sono l’albero, all’interno del quale, si trova un pezzo del corpo di Osiride. Un omaggio, quanto suddetto, più che dovuto alle “mie” tamerici che ho sempre amato moltissimo ed apprezzato fin da bambino quando ne chiesi il nome specifico.
Arnaldo Gioacchini
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