Non molto tempo prima della sua scomparsa un mattino Sergio Leone mi chiese se lo volevo accompagnare dal Presidente Andreotti perché chiaramente per il “Leningrado” che stava preparando con i russi vi era pure la necessità di un forte impegno diplomatico internazionale da parte italiana che solo Giulio Andreotti, il quale da sempre aveva protetto, amato ed incoraggiato il cinema italiano ed ammirava i suoi film, poteva dargli, anche perché, oltretutto, in quel periodo era il Ministro degli Affari Esteri. Nell’occasione purtroppo dissi a Sergio ( che me lo chiese il mattino stesso in cui sarebbe dovuto andare) che non potevo accompagnarlo perché avevo preso un precedente impegno che non potevo disdire così all’improvviso, aggiungendo che la cosa mi dispiaceva moltissimo perché mi sarebbe piaciuto molto conoscere direttamente un tale più che Importante ed Interessantissimo Personaggio notissimo sia in sede nazionale che internazionale, ma così andò e Sergio si recò da solo da Andreotti. Successivamente però, pochi mesi dopo la tristissima scomparsa di Sergio, un giorno mio padre (eravamo verso la metà di settembre 1989), ricordandosi del suddetto episodio, mi suggerì di fare dono della mia tesi, avevo ancora una copia bella ed ornata, al presidente Andreotti, cosa che feci pochi giorni dopo dandogliela direttamente all’uscita del cinema Capranica, ove aveva partecipato ad una manifestazione politica del suo partito,come precedentemente annunciato su di un quotidiano romano ove lo avevamo letto. Nella dedica citai oltre a Sergio anche altre persone che Lui aveva conosciuto bene fra cui l’avvocato Giovanni Conti il quale alcune volte Lo aveva anche accompagnato a scuola ( al liceo Visconti) insieme a suo figlio Dante. Al cinema/teatro Capranica, fra l’altro, mio padre aveva visto l’esordio di Renato Rascel, che, in una rivista, aveva esordito non da comico ma da musicista suonando la batteria. Fra l’altro Andreotti, che era nato in via dei Prefetti, facendosi largo fra la folla in uscita dal Capranica, mi disse che nella stessa via l’avvocato Conti aveva avuto il suo studio, al che gli risposi che ivi c’ ero stato anch’io con mio nonno Arnaldo, mazziniano come Conti, e come ero mazziniano pure io, il quale ero segretario del Gruppo Aziendale del Partito Repubblicano Italiano nell’Azienda Sanitaria Monteverde che comprendeva, all’epoca, gli ospedali San Camillo, Forlanini e Spallanzani, e come segretario mi recavo spesso all’Unione Romana del PRI sita a Roma a “due passi” di Ponte Vittorio dalla parte dell’omonimo corso, ove, sopra ad esso, abitava anche Andreotti ed i suoi due “guardia spalla” non mi facevano entrare nel bell’ascensore quando c’era Lui, pur scambiandoci i relativi saluti: “Buongiorno Signor Presidente”, “Buongiorno Dottore”. Ma dopo quella mia tesi che Gli donai la cosa non successe più e, lasciando fuori i “guardia spalla” al piano terra dicendo loro che mi conosceva bene, salivamo insieme, spesso trattenendoci nell’ascensore scambiandoci varie opinioni (comprese quelle calcistiche perché avevamo le stesse simpatie per l’A.S. Roma) e ciò accadde molte ma molte volte. Tornado alla bella copia della tesi su Sergio Leone che donai al Presidente Andreotti (con una dedica dignitosa ed articolata), passarono alcuni giorni, non molti per la verità, dalla donazione ed un pomeriggio mia moglie mi chiamò al telefono dicendomi che era in linea la segreteria di Andreotti, al che prendendo la cornetta esordii subito dicendo al mio gentile interlocutore se per caso si erano presi il disturbo di chiamarmi per “quella sciocchezza” che avevo donato al Presidente. La persona in linea mi disse, con grande garbo, che magari se si era trattato di una sciocchezza o meno forse era il caso che lo dicesse il Presidente ma che il motivo per cui mi aveva chiamato era quello del mio indirizzo in quanto sull’elenco telefonico alla mia stessa via risultava un Gioacchini con tanto di numero civico mentre io non l’avevo. Gli dissi che l’altro Gioacchini citato non era neppure mio parente e che non lo conoscevo affatto e che il mio civico, che in effetti sull’elenco non c’era, era il numero 4 e non il 5 di costui. Dopo una quindicina di giorni da quella telefonata mi arrivò un elegante (della Pineider – la cartolibreria più classica ed importante di Roma), gentile e cortese biglietto di ringraziamento da parte del Presidente Andreotti contenuto all’interno di una busta della Camera dei Deputati con tanto di suo timbro nel retro. Fra l’altro, leggendone il testo, ne riconobbi subito la grafia minuta e la sua firma in quanto in un corso di grafologia, che avevo frequentato precedentemente, la sua scrittura e la sua firma erano fra quelle che ci avevano sottoposto più volte. Si parla spesso della valenza dei politici attuali (valenza sulla quale mi astengo) sta si fatto che aver dialogato, molto spesso, con una Persona come fu Giulio Andreotti, sette volte Presidente del Consiglio e ventuno volte Ministro in vari Dicasteri mi ha arricchito e formato, culturalmente e socialmente, tantissimo, pur sapendo benissimo che entrambi, ovviamente fatte le più che relative dimensioni, militavamo ed eravamo inscritti in partiti differenti Lui nella Democrazia Cristiana ed io nel Partito Repubblicano Italiano, con gli antenati Paolo ed i figli Giuseppe e Giovanni Gioacchini le cui ceneri, insieme a quelle di Giuditta Tavani Arquati, riposano nel Mausoleo del Gianicolo a Roma accanto a quelle di Goffredo Mameli, come ben sapeva, sia da Formidabile Storico quale era, ed anche perché ne avevamo parlato insieme, il Mitico, Eccezionale ed Ineguagliabile, Giulio Andreotti.
Arnaldo Gioacchini
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