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Arto Paasilinna un grande e poco conosciuto scrittore finnico

Sono passati 31 anni, era il 1994, da quando seguendo le vicende del Premio Letterario Giuseppe Acerbi, istituito l’anno precedente nel 1993, mi andai a leggere L’anno della lepre (scritto nel 1975) del lappone Arto Tapio Paasilinna che quell’anno vinse il suddetto premio. Il Premio letterario Acerbi mi aveva interessato ed incuriosito molto per la sua peculiarità che lo portava e lo porta ancora oggi ogni anno, dopo una attenta selezione ed una scelta finale effettuata da una giuria scientifica composta da 15 tra studiosi, professori universitari, giornalisti, e da una giuria popolare formata da 230 lettori utenti di biblioteche del territorio nazionale, a scegliere un libro scritto da un autore straniero; quell’anno vinse appunto L’anno della lepre del finnico (per l’esattezza un lappone) Arto Tapio Paasilinna che è deceduto il 15 ottobre 2018 a 76 anni, ad Espoo una  non trascurabile città finlandese prossima alla capitale Helsinki. L’anno della lepre,  editato in Italia dalla Iperborea ( che di libri dell’Autore ne ha tradotto in italiano diciassette e ne tradurrà negli anni a venire altri venti), più che meritoria casa editrice milanese specializzata nella letteratura nord europea, è un romanzo deliziosamente bellissimo nella sua poetica e nel suo svolgere in apparenza piuttosto semplice e quindi di facile lettura ma denso di implicazioni filosofiche – esistenziali che a ben vedere ci portano “molto  lontano” grazie al protagonista il giornalista Vatanen ed alla lepre che ha ferito con la sua macchina tornando da un servizio e che inseguirà nel bosco per salvarla. Ma andiamo ad una sintesi narrativa perché si tratta di uno scarsamente noto (magari ora che è morto l’autore lo sarà un po’ meno, anche se poi però nel nostro Paese dal 1994 a “ieri” ne sono state vendute  oltre 130.000 copie, una sorta di longbook) piccolo -grande capolavoro di sole 204 pagine per cui vale veramente il caso di farne un accenno e riporta rne un brano: È l’estate di san Giovanni. Un giornalista e un fotografo, in viaggio di lavoro senza parlarsi e sovrappensiero, attraversano lungo una strada sterrata il magnifico paesaggio finlandese, senza prestarvi attenzione alcuna. Sono stanchi, disillusi, si trascinano ogni giorno tra un lavoro frustrante senza più stimoli e svuotato dei sogni giovanili e matrimoni formalmente in piedi ma naufragati da tempo. Tutto testimoniato da un principio d’ulcera per entrambi. D’improvviso sulla strada una lepre ritta sulle zampe posteriori, una brusca e inutile frenata, un tonfo: la bestiola, colpita, sparisce nella foresta. Il giornalista, Kaarlo Vatanen , la segue, la trova seduta su un prato con una zampa rotta. Prende in braccio il leprotto tremante e gli stecca l’arto con un rametto e il suo fazzoletto strappato. Quindi, mentre il collega fotografo strombazza innervosito, lo chiama e poi mandandolo a quel paese riparte sgommando, decide di rimanersene lì, seduto, con la lepre che gli resta accanto. Poi la mette in tasca e si incammina nella foresta. Per l’insolita coppia comincia un viaggio incredibile tra poliziotti squinternati e gentili, contadini ospitali e generosi, residuati bellici recuperati dai fondali dei fiumi, mucche da aiutare a partorire e poi salvare dalla palude, corvi ladri e dispettosi, incendi terribili da domare e orsi da inseguire fin oltre i confini dell’Unione Sovietica. Sempre insieme, Vatanen e la lepre, attraverso una Finlandia incantata come in una fiaba, liberi, fino a sparire lontano, dove nessuno saprà più nulla di loro …”  “Tanto per dire” i libri di Paasilinna sono stati tradotti in 45 lingue! e L’anno della lepre è stato incluso dall’UNESCO nella collezione delle opere rappresentative della letteratura finlandese per cui vale ben la pena di accennare qualcosa concernente la vita del  bravissimo scrittore finlandese (che, fra l’altro, teneva molto alle sue origini lapponi): Arto Tapio Paasilinna era nato il 20 aprile 1942 a Kittilä piccolo paese lappone (che ora  conta 6.000 abitanti c.a, ma che al’epoca della nascita del suddetto grande scrittore erano ancora molti di meno) è nella sua vita è stato prima un solido taglialegna/ guardaboschi,  poi un ottimo giornalista ( il  Kaarlo Vatanen dell’”Anno della lepre” – dal quale sono stati tratti anche due film – è, quasi certamente, il suo alter ego) ed un finissimo ed estremamente intelligente poeta/scrittore con le sue opere che generalmente vanno a riflettere la semplice vita finlandese con un occhio particolarmente attento alla vita naturale con conseguente forte difesa dell’ambiente; ma è soprattutto il suo originalissimo incedere letterario, ricchissimo di humour, che ne fanno l’indiscusso ed insuperabile inventore del genere umoristico – ecologico, inventando, con immensa ironia, un’infinità di personaggi e raccontando storie comiche, bizzarre e dissacranti. Giornalista “pepatissimo” talmente tale che, seppure in una realtà molto aperta come è nella cultura nordica, difficilmente i suoi “pezzi” non venivano tagliati prima della pubblicazione. Tanti i suoi libri fra cui (forse) emergono ulteriormente, da una letteratura, in generale, di altissima classe titoli come: “Il bosco delle volpi”, “il mugnaio urlante”, “Il figlio del dio del Tuono”, “La smemorata di Tapiola” , “I veleni della dolce Linnea”, l’incredibile “Piccoli suicidi tra amici” ed “Emilia l’elefante”uscito in italiano  lo scorso febbraio. Ci sarebbe tanto da scrivere sul Personaggio ( perché di vero grande Personaggio si tratta) Paasilinna ma penso che bastino alcuni flash su di Lui per comprendere meglio di quale Uomo/Scrittore vero si tratta: A 30 anni il robusto e corpulento Arto stanco di fare il tagliaboschi accompagnato dal gelo artico d’inverno e dalle terribili zanzare artiche d’estate ( fra l’altro in proposito  non è dimenticare che la Finlandia è il Paese  primo in assoluto al mondo nel possesso lacustre avendone oltre 187.000 ! ergo zanzare a gogò – dall’ altra parte dell’ oceano Atlantico è noto come, a suo tempo, tanti cercatori d’oro dello Yukon rimasero ciechi o morirono a causa del pungentissimo tremendo stillicidio delle milioni di zanzare artiche ) si accorse che al mondo esistevano mestieri molto più confortevoli come ad esempio quello del giornalista al quale non veniva (quasi mai) negato di “fruire di un ufficio fresco d’estate e caldo d’inverno” e quindi essendoci già portato di natura inizia il suo nuovo lavoro che però dura piuttosto poco in quanto i suoi articoli, molto belli, sfidano tante regole e  consuetudini sociali per cui vengono sistematicamente sì pubblicati, ma dopo ampie “amputazioni”, per cui giustamente Paasilinna, insofferente a ciò, tronca con il giornalismo ed il mondo (per fortuna) acquista,ex novo,un finissimo scrittore. Arto amava particolarmente l’Italia ed in proposito ripeteva spesso con convinzione: “ L’Italia è il Paese che mi ha riservato la più calda accoglienza in assoluto” e raccontava, con un divertimento quasi infantile, quando arrivò a Roma per la prima volta ed in albergo riempì il foglio con i suoi dati da consegnare all’addetto della receptionist, addetto che, al termine di ciò , gli disse di apporre una prima firma e poi un’altra alla fine del modulo, al che lo scrittore porgendogli ben due copie dei suoi romanzi gli disse a sua volta: “E un’altra firma qui”(sublime!). L’ultima volta che Arto venne in Italia, accompagnato dal suo editore Jorma Kaimo (che fungeva anche da traduttore visto che nessuno è riuscito mai a comprendere se Paasilinna fingeva di non capire l’inglese oppure non lo parlava affatto) mentre erano a cena, insieme alla coltissima Emilia Lodigiani fondatrice della Iperborea, dopo una grande bevuta ed un gran bel cantare, con la sua voce da basso, una sequela di canzoni folkloristiche finlandesi, disse, fra l’altro, una cosa molto significativa: “Non so come farò a vivere abbastanza a lungo per scrivere tutte le storie che ho in testa”; al termine della cena Arto rivolgendosi alla Lodigiani disse, con grande sorpresa di tutti, per il mio nuovo libro mi sono ispirato a te e così nacque Emilia l’elefante. In epigrafe a Piccoli suicidi tra amici ben si esplicita, ulteriormente, il dissacratorio Paasilinna pensiero: “ In questa vita la cosa più seria è la morte; ma neanche quella più di tanto”. Una vera solida positiva anarchia resiliente (che fa da protagonista e sfondo a tutta la sua vita) quella del bravissimo scrittore lappone che dopo una prima fase letteraria legata soprattutto alle tradizioni del suo splendido Paese nei suoi scritti ha affrontato poi temi molto delicati e difficili come la malattia mentale, la tortura, l’emarginazione e la solitudine andando ad indagare, con il suo finissimo scrivere profondo e nello stesso tempo divertito (la sua straordinaria eccezionalità) temi superbi e mai domi (e senza mai, ovviamente, una risposta definitiva – ndr) come il destino del mondo ed il senso della vita. Forse, in generale o in particolare secondo i gusti, chi ama la letteratura tutta dovrebbe essere un pochino (non più di tanto per carità così nessuno si offende) più attento alla letteratura boreale di cui, in chiave moderna ma con un certo sapore retrò (come nelle migliori antiche affabulazioni fiabesche) il sublime Arto Tapio Paasilinna è l’eccezionale insuperabile punta di diamante. Dimenticavo di dire che oltre il suo delizioso romanzo d’esordio L’anno della lepre se a qualcuno venisse voglia di leggere “almeno” un altro libro del suddetto formidabile autore lappone, mi permetterei di suggerire (facendo immediata ammenda di ciò per il modesto azzardo) Piccoli suicidi tra amici nel quale i 33 membri della Libera Associazione Morituri stanchi della vita salgono a bordo della Saetta della Morte, un lussuoso pullman che li recherà attraversando mezza Europa alla ricerca  del miglior strapiombo dal quale lanciarsi nel vuoto, con un solo contrattempo: la vita, con tutta la purezza assoluta dei personaggi scambiati per folli etc. etc. Chi scrive lo lesse tutto in un fiato perché lo ritenne semplicemente straordinario e stupendamente allegoricamente iconoclasta anche se, può essere, che ad altri non piacerà affatto se non di peggio, andando a  ritenerlo una sorta di poco comprensibile simil “porcheria” e ciò ben venga magari  in omaggio al democraticissimo ed antico  De gustibus non est disputandum.

                                                                                                                                            Arnaldo Gioacchini

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