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La tristissima scomparsa del geniale amico architetto Massimo Ricci

Correvano i primi giorni del mese di novembre dell’anno 1965 e chi scrive sostava in Piazza della Signoria a Firenze sull’angolo di via della Ninna ( la strada corta e stretta che divide il Palazzo della Signoria da quello della famosissima Galleria degli Uffizi) adiacente al Piazzale degli Uffizi con di fronte la Loggia della Signoria o Loggia dell’Orcagna (detta anche Loggia dei Lanzi perché ivi si accamparono i Lanzichenecchi che andavano al “sacco” di Roma) avendo come guida un dotto coetaneo e carissimo amico fiorentino di nome Massimo che gli illustrava quel luogo splendido (per inciso era il tramonto “l’ora magica dei poeti”) ove, metro più metro meno, avevano in passato sostato tutti i più Grandi Geni non solo del Rinascimento, ma anche di periodi storici antecedenti, una miriade, ma basta citarne due per tutti: Dante Alighieri e Giotto da Bondone ( per inciso morto a Firenze). Era talmente bello e ben espresso ciò che raccontava il mio amico parlando anche in inglese, che intorno a noi due si era formato, silenziosamente, un crocchio di persone affascinate dal suo narrare. Accortosi di ciò Massimo mi strizzò velocissimamente l’occhio destro e con la mano sinistra mi fece un altrettanto rapido cenno come a dire aspetta, procedendo, contestualmente, con grande garbo ed intelligenza a chiudere questo suo colto excursus  da improvvisato “ciceron fiorentino”. Scioltosi quel gruppo effimero, Massimo mi prese sottobraccio e salimmo insieme i pochi gradini esterni di accesso alla grande porta del Palazzo della Signoria (detto anche Palazzo Vecchio) ma non entrammo (per inciso,all’epoca, era l’ora di chiusura, cosa che feci subito rimarcare al mio amico) ci spostammo di pochi passi sulla destra dell’ingresso ove mi indicò, inciso ad altezza di cintola,su una delle pietre del bugnato (lo zoccolo) della facciata un interessantissimo volto di uomo, accompagnando il tutto con un sorriso, simpaticamente sibillino, dicendomi: “Sai Arnaldo è opera di Michelangelo che sembra lo abbia inciso schiena alla parete!”. Seguirono non alcuni secondi ma almeno un paio di minuti di reciproco silenzio. Debbo dire che,in quell’occasione, rimasi veramente basito  per ciò che Massimo mi aveva detto datosi che mi aveva colpito veramente nel segno lasciandomi semplicemente stupefatto. Con il mio carissimo amico condividemmo, un anno dopo, i terribili giorni dell’alluvione di Firenze (anche perché all’epoca io ivi svolgevo il servizio militare e prosegui poi l’impegno da civile); un ricordo indelebile legato pure ad un mix di zuppagine totale e di mastodontiche spalate di fango misto a topi,  ma anche di tantissima amicizia e solidarietà fra giovani di tutto il mondo (quegli anonimi “angeli del fango” ormai entrati nella storia della città e non solo). Rammento anche che corsa feci, come fu possibile attraversare l’Arno dopo l’alluvione, per vedere se quel volto, che mi aveva affascinato nel novembre del ‘65 era stato danneggiato, cosa che, per fortuna, non fu visto che l’ondata travolgente di piena ivi non era arrivata alla sua altezza (altrove arrivò anche a sei metri). Caso ha voluto, si fa per dire, vistone la formidabile intelligenza e duttilità mentale, che il mio carissimo geniale Amico dell’epoca già era sia il Professor Massimo Ricci docente alla Facoltà di Architettura di Firenze, responsabile dell’Opera del Duomo di Pienza per i problemi statici del monumento, Consulente di Tecnologia dell’Architettura Antica della Graduate School of Design Harvard University Cambrige in Massachusetts negli Stati Uniti e cofondatore dell’Unità di Ricerca Architettura/BioClima della Facoltà di Architettura di Firenze e sicuramente di tante altre Realtà che mi sfuggono. C’è poi un vero e proprio evento, che ha dato fama planetaria al Prof. Ricci, il fatto che, dagli anni ’80, ha portato avanti, in grande scala, la ricostruzione della più grande cupola in mattoni mai edificata dall’uomo, quella della basilica di Santa Maria del Fiore, che è il duomo di Firenze, progettata dal formidabile Filippo di Ser Brunellesco (Filippo Brunelleschi). Una cupola piena di segreti sia progettuali che costruttivi che hanno sfidato, per alcuni secoli, tanti grandi ingegni che non sono riusciti a venirne a capo se non che parzialmente, cosa che invece l’architetto Ricci, dopo uno studio certosino e ricerche approfonditissime, è riuscito a fare in toto. Dicevo di questa fama veramente mondiale raggiunta da Massimo che mi raccontò, qualche anno fa, di una persona che gli scrisse addirittura da Anchorage in Alaska! dopo aver letto una sua pubblicazione in proposito. Massimo era semplicemente Eccezionale ed averLo conosciuto così a fondo è stato per me un Grande Onore ed un Arricchimento Culturale Altissimo. Fra l’altro, tornando all’incipit di questa mia memoria, ho avuto nel corso degli anni varie e molto importanti conferme che quel viso inciso sul bugnato di Palazzo Vecchio e fra le tante conferme, a mio modesto avviso, si distinguono quelle di una validissima Buonarroti discendente del Genio e della mia cara Amica Margherita Hack che per la prima volta conobbi guardando, sul suddetto bugnato, l’opera fatta dando la schiena alla parete del Maestro Michelangelo. Comunque Ciao Massimo mi mancherai Moltissimo sei venuto a mancare proprio in questi giorni nella tua Firenze che amavi tantissimo. Tu che eri nato e cresciuto in loco a pochi passi dalla “mitica” Porta San Frediano ove dimoravano anche la tua Famiglia che comprendeva tuo Padre, tua Madre e tuo Fratello che conobbi benissimo e frequentai, grazie a Te, per vari anni.

                                            Arnaldo Gioacchini

 

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