intervista al vip Ladispoli Spettacolo Ultim'ora

“A Ladispoli vi racconterò in versi il mio Caravaggio”

Lo scorso 16 settembre ha emozionato la folta platea che stava assistendo agli eventi legati alla cerimonia di intitolazione del teatro di Ladispoli a Marco Vannini. Una rappresentazione che ha travolto con fortissime sensazioni il pubblico, incantato dall’arte oratoria e declamatoria di Ugo De Vita. Attore, autore di prosa, scrittore, un artista poliedrico capace di mettere in scena oltre quattrocento allestimenti di compagnie in Italia e all’estero. Pochi giorni prima di Natale tornerà a Ladispoli nell’ambito di una serata dedicata a Caravaggio nella sala consiliare di piazza Falcone, lo abbiamo intervistato per avere alcune anticipazioni di un evento che dovrebbe calamitare l’attenzione di un pubblico folto.

Lei il 19 dicembre porterà in scena a Ladispoli la rappresentazione “Caravaggio, i dipinti in versi”. A cosa assisteranno gli spettatori?

“Intanto grazie dell’attenzione e un saluto ai lettori di Ortica Social. L’evento Caravaggio, i dipinti in versi è un progetto che propone contaminazione di elementi tra la Lectio, il concerto e lo spettacolo,  che tuttavia qui è caratterizzato da una parte riservata alla poesia,  ispirata è composta in endecasillabi sui capolavori del maestro lombardo. Io debbo ringraziare il professor Claudio Strinati che con senso di amicizia ha seguito e incoraggiato questa iniziativa, che non si pone nella consueta prospettiva della Storia e della critica d’arte. Qui è filosofia d’arte e letteratura ispirata ai capolavori. Cinquanta minuti per un evento che da Caravaggio, in provincia di Bergamo, a Roma dove torneremo il 6 dicembre alla Basilica di Sant’Agostino, a Milano, ad Agrigento, toccherà oltre a Ladispoli almeno altre dodici piazze in Italia e all’estero. Praticamente tutti i luoghi della vita di Michelangelo Merisi, tre tappe in Sicilia e poi Malta, Parigi, Londra per seguire anche gli itinerari delle opere”.

Quale è il rapporto che la lega a Caravaggio che lei porta in scena in modo molto sentito ed appassionato?

“Credo che l’amore per la pittura sia nato in un viaggio che ragazzino feci  coi miei nonni a Firenze, divenuta poi la mia città di adozione, dove oggi abito e ho famiglia,  quando vidi il capolavoro del Masaccio nella Cappella Brancacci di Santa Maria del Carmine, la “Cacciata dal paradiso”,  pittura di impatto formidabile,  che in tutta probabilità, suggestionò lo stesso Caravaggio giovane. Tuttavia furono più tardi, alcune pagine che Pier Paolo Pasolini dedicava a Roberto Longhi, alle sue lezioni, che mi hanno poi dato occasione di approfondire. Longhi è il vero scopritore di Caravaggio nella sua stagione novecentesca, poiché, questo  va ribadito, Caravaggio per molte ragioni è pittore che ci viene restituito nel XX secolo, in particolare in quell’evento straordinario che fu la mostra di Milano del 1951. Egli ha gusto e sensibilità novecentesche, dipinge le cose “come le cose sono”,  e nella meraviglia dei fasci di luce e dei contrasti su volti e sembianti grinzosi, rughe e corpi di gente comune, egli avvicina la terra al cielo.  Ad Empoli due o tre anni fa incontrai Mina Gregori, la “Signora del Caravaggio”, allieva di Roberto Longhi e  presidente onorario della Fondazione Longhi, una lucidissima novantenne, che parla ancora oggi di  Caravaggio come di un “compagno di strada”. Caravaggio è in questo senso pittore a noi contemporaneo”.

A Ladispoli c’è già molta attesa per il suo ritorno dopo l’emozionante performance che regalò agli spettatori in occasione della serata per l’intitolazione del teatro comunale a Marco Vannini. Percepisce questo forte legame con Ladispoli?

“Quello su Marco è un omaggio che ha avuto tre sole repliche, con oltre duemila spettatori tra Cerveteri, Ladispoli al Teatro Comunale e prima al Teatro della Pergola a Firenze. È una elegia ad una giovane esistenza violata e strappata  ai suoi cari e a tutti noi. Ho promesso che tornerò a Ladispoli a rifarlo per un quarto appuntamento e confido che accada. Peraltro una parte del mio lavoro ha guardato da sempre a temi civili:  Cucchi, Coco, Melone (prima vittima dell’Uranio impoverito risarcita dallo stato), Casalegno, Falcone e Borsellino, Welby ma sono io ed è il teatro che si innalza quando riesce attraverso queste storie a divenire  rituale collettivo e riflessione e canto.  Ladispoli la sento un po’ mia,  fu una delle prime piazze italiane nei primissimi anni ottanta ad ospitare miei spettacoli intendo con la mia regia, dopo gli anni dell’Accademia. Mi è molto cara e credo che la gente lo senta. Se ho modo di offrire qualcosa la porto con gioia da voi e so che sarò ricambiato. Forse sbagliai quando scelsi di non fare televisione privilegiando il teatro e la scrittura ma se oggi dopo trentacinque anni di lavoro, ho ovunque un pubblico che sa che troverà nelle mie cose impegno e dedizione come di un artigiano del legno o del ferro, come non ce ne sono più. Certo la temperatura alta del Vannini non è esattamente quella di questo Caravaggio ma ho trovato empatia ovunque questo Caravaggio è stato offerto al pubblico. Ecco vi ringrazio di questa occasione, per dire che anche io ho molto desiderio di “vivere e far vivere” una bella emozione al pubblico il 19 dicembre a Ladispoli”.

 

 

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