“Ho fatto bene, nel momento in cui si decideva la mia carriera, a scegliere Firenze, dove sono rimasto 16 anni e in un’epoca dove ancora c’erano le figure rappresentative delle squadre sono diventato bandiera e capitano della compagine viola. A Firenze la gente mi vuole bene: mi incontra, mi riconosce (anche i giovani!), mi saluta e mi chiede ancora dei pareri sul calcio”. 70 anni e non dimostrarli, con quella faccia da eterno bambino, impreziosita dalla fossetta sul mento. Giancarlo Antognoni si è dichiarato veramente felice l’altra sera a Pontedera di ricevere il premio “Mazzinghi”, giunto alla sua terza edizione. Proprio il grande pugile, scomparso quattro anni fa, e che ha lasciato un ricordo indelebile delle sue immense gesta sportive, che un giovane Antognoni conobbe quando Sandro, assieme all’altrettanto noto fratello Guido, tifosi della Fiorentina, andavano al Comunale a vedere la viola. Il mitico teatro Era nella cittadina toscana che diede proprio i natali a Mazzinghi straboccava di gente, risultando piena per il doppio della sua capienza e con molte persone rimaste fuori che pur sapendo che l’ingresso era libero si sono dette “disposte a pagare il biglietto pur di esserci”. Sono state parzialmente accontentate con l’audio di quanto avvenuto all’interno diffuso all’esterno. E gli applausi scroscianti ad omaggiare in più occasioni il grande calciatore sembravano più boati da Curva Fiesole come quando entrava in campo alla testa dei suoi compagni di squadra.

Teatro gremito per la consegna del premio
Quanto è amato ancora Antognoni! L’evento che ha avuto grandi protagonisti i figli del pugile, David e Simone e l’amministrazione comunale locale, ha visto schierata in prima fila la giuria che sceglie anno dopo anno i premiati, con il cittadino onorario di Sansepolcro, Ugo Russo (nella foto in alto con Antognoni), che ha presentato alcuni momenti molto toccanti della serata (anche i ricordi di Paolo Rossi e soprattutto Totò Schillaci, a un mese esatto dalla sua prematura scomparsa, con la proiezione sul maxischermo di tutti i gol segnati dall’assoluto protagonista di Italia ’90) e ha fatto un’intervista a tutto tondo a Giancarlo Antognoni la cui presenza è stata da lui fortemente voluta, assieme a Riccardo Minuti, Dario Torromeo, Riccardo Signori (anche gli ultimi due noti giornalisti) e, ribadiamo, i figli del campione cui è intitolato il premio. Tra l’altro, rispondendo a Russo, l’ex capitano della Fiorentina ha detto: “Ho segnato sette gol in nazionale ma molti mi vorrebbero accreditare pure quello con il Brasile al mondiale vinto nel 1982. Tu stesso mi dici che a distanza di 42 anni più lo rivediamo e meno capiamo perché fu annullato. Ecco, ci fosse stato allora il Var avremmo vinto 4-2”. Con la maglia della nazionale azzurra non sarebbe stato il gol più bello (i due con Portogallo e Grecia furono due autentici gioielli) ma sicuramente il più importante. Da piccolo Antognoni aveva un idolo, Gianni Rivera, e molto ha preso dal “golden boy”: quel giocare sempre a testa alta, quel prevedere un attimo prima degli altri dove sarebbe finita la sfera, quella maestria nelle giocate senza buttare mai via un pallone, oltre ad essere dotato di una micidiale castagna che gli faceva fare gol soprattutto con tiri da fuori area. “Eppure le reti che ricordo con più piacere sono le tre che segnai di testa; quella non era proprio la mia specialità e poi dopo l’infortunio contro il Genoa evitai appositamente di colpire la palla con quella parte del corpo”. Si ritagliò ben 73 presenze con la casacca azzurra pur in un periodo di piedi buoni e raffinati, specialmente nel suo ruolo: “C’era una gran concorrenza, era un periodo in cui nascevano tanti campioni. A volte mi trovavo a giocare solo io della Fiorentina assieme a tutti calciatori di Juventus e Torino”. Da qualche mese Antognoni è capodelegazione della nazionale Under 21. Doverosa la domanda sui nostri giovani: “Ci sono buone potenzialità ma gli allenatori di club devono avere il coraggio di schierarli. Perché arrivati ad una certa soglia di età se ne vanno magari all’estero e rischiamo di perderli”. Restando all’attuale concorda che nel nostro massimo campionato di quest’anno non ci sarà, come nei tempi recenti, una squadra che staccherà nettamente la seconda e le altre: “Ci sarà grande equilibrio; come rosa probabilmente l’Inter continua a farsi preferire ma gli impegni europei la potrebbero condizionare; sono molto curioso di capire se il Napoli sarà in grado di arrivare fino in fondo, con questo Conte capace di trasformare in positivo le squadre che allena”. Giancarlo ha dovuto pagare un pesante dazio per gravissimi infortuni in carriera: nel1981 lo scontro con il portiere Martina che, colpendolo alla testa, lo lasciò esanime a terra e solo il pronto intervento dei sanitari della Fiorentina riuscì a salvargli la vita; e la doppia frattura scomposta di tibia e perone nel 1984 che lo tenne lontano dai campi da gioco per 21 mesi; ancora, l’infortunio in semifinale, sempre al mondiale del 1982 che gli impedì di giocare la finale contro la Germania.

Antognoni riceve il premio nazionale “Alessandro Mazzinghi”
Nella motivazione del premio sono emerse tutta la sua grande classe, certo, ma anche le peculiarità che gli hanno permesso di superare i momenti difficili e che molto lo hanno accostato ad Alessandro Mazzinghi: la forza, il coraggio, la determinazione. In più, nell’occasione per coloro che ancora non lo conoscevano nel privato, Antognoni ha messo in risalto due qualità che non possono che rafforzarne la figura di grande persona, oltre che di predestinato del calcio: la disponibilità e la simpatia.
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