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Basoli a Torre Flavia

di Silvio  Vitone

La notizia, comparsa sulla stampa locale, è di quelle che suscitano un certo interesse tra gli appassionati di archeologia, ma non riveste, se non una momentanea curiosità, tra il grosso pubblico.Ricordate lo scheletro umano ,  venuto alla luce, nel  2017, non lontano dal  Castello Odescalchi a Palo Laziale, lungo il litorale ? Oggi  la scoperta  alcuni reperti di epoca romana  e precisamente un capitello euna colonna. Il ritrovamento  ( o meglio dire l’avvistamento ) è opera di un subacqueo  nelle acque antistanti il monumento naturale di Torre Flavia. Sul fatto, stando a quanto riportato dalla stampa, la Soprintendenza si  espressa, per ora,  in modo interlocutorio nel senso  che non ha preso alcuna iniziativa. Nessuna meraviglia !  E’ parecchio  tempo   che nel territorio di  Ladispoli non si intraprendono  scavi archeologici sistematici. Era il 2010 quando a Piane di Vaccina vennero riportati alla luce importanti reperti  risalenti al Bronzo  Recente  (  1500 anni a. C . ). Da allora sonni profondi.   Ma questo è un altro discorso…

Torniamo invece alla palude di  Torre Flavia, che, pur con tutte  contraddizioni in cui è precipitata, da sempre attanagliata dalla feroce morsa della pressione antropica, non finisce di stupirci.Prima con il fratino e tutte le polemiche, legate al  concerto di Jovanotti , poi con la schiusa delle  uova delle tartarughe marine.

Ed oggi  ri- scopriamo che, sotto il limo palustre, o più in là, dove l’erosione della costa li ha nascosti alla vista, nelle immediate profondità marine, giacciono tesori tali da far ingolosire  studiosi ed appassionati di archeologia.  Ed ancora, le forti mareggiate  e  la costante  erosione,hanno portato alla luce, a ridosso di quello che rimane del cordone  dunale, giganteschi basoli  appartenenti  ad  un’antica strada di epoca romana. Molto probabilmente  i basoli sono da riferire al tracciato litoraneo che dal porto di Ostia  arrivava fino al Centumcellae, passando per Fregenae  ed  Alsium centri fondati ( o rifondati )  dopo  la conquista romana del III secolo a.C. E non è la prima volta  che  l’area protetta  ci restituisce   testimonianze del passato più antico. Infatti  si legge  nel libro “Tra terra ed acqua”  di Mantero  /  Panzarasa  ( ediz.1986 ) che fino  all’inizio degli anni ’70 erano visibili,  a 1200  a nord  di torre  Flavia,   i resti   di una piscina, destinata,  in epoca  romana classica, all’itticoltura.  Insomma  non solo natura, ma anche storia ed archeologia; un motivo in più per interessarsi del la nostra “zona umida”. Manca,  però,  uno studio sistematico ed integrato sulle vicende su questo minacciato lembo di territorio; uno studio che  ci fornisca dati, elementi ed anche semplici ipotesi  sulle sue frequentazioni  preistoriche e protostoriche; manca uno studio interdisciplinare  tra il verificarsi di fenomeni naturali ( esempio glaciazioni , effetti del vulcanesimo ) e su come  questi abbiano  interagito  con i processi  storici delle popolazioni umane. A grandi linee  sappiamo  che il paesaggio, qui e nei dintorni doveva  essere molto diverso, soprattutto  a causa dei cambiamenti  climatici sia  per le grandi glaciazioni. Anche  in epoca storica l’ attuale palude ( termine del tutto generico )  doveva essere infinitamente  più  vasta  e doveva  essere  un vero  e proprio bacino lacustre costiero ( laguna ? ) con naturale sbocco in mare. Prima  che la pestifera  lues, la malaria, e parliamo della fine del Neolitico,  4 – 5 mila anni fa,si affacciasse   sulle nostre coste,  prima delle bonifiche etrusco – romane, ben diverse e più felici  erano le frequentazioni  umane  in questo bacino lacustre costiero.

Sappiamo inoltre  che i fiumi, che si riversavano anche in questa laguna dovevano essere navigabili come l’interno della laguna stessa. Il promontorio  su cui fu costruita la torre, ed in precedenza  una villa di epoca romana  doveva poi offrire  un  riparo ai naviganti  protostorici e preistorici. Si era sviluppata  a  Torre  Flavia  una civiltà della palude, parallela, autonoma ( o sovrapposta ) a quella etrusca – romana  come  lascia intendere un ‘ipotesi  formulata nel libro “ Ladispoli, un lungo viaggio nel tempo “ ? Solo indagini approfondite  permetteranno  di  arrivare a conclusioni più certe. Intanto mi piace ricordare che anche nel “ tenebroso “ Medioevo,nelle  aree paludose, terre marginali del latifondo agro – pastorale,era possibile svolgere alcune  attività umane, spesso di sopravvivenza, nel periodo antecedente alla schiusa delle uova della terribile anofele. Più di recente, poi, generazioni di contadini, di pastori e butteri maremmani  hanno  lasciato sul territorio un segno della loro presenza. Ancora oggi – e finchè dura – è possibile vedere intorno a Torre Flavia: armenti,cavalli al pascolo e ordinate coltivazioni. Tutti questi elementi  che comprendono la flora e la fauna delle dune, gli stagni retrodunali , i retaggi  di  passate civiltà e le attività contadine( preferirei chiamarli segni e testimonianze ) concorrono a formare  il paesaggio; non un paesaggio astratto, ma il nostro, quello che occorre preservare. Purtroppo mi dispiace rilevare  un  evidente di divorzio  tra  naturalisti e  archeologi. Immaginate  se  venisse  programmata  una campagna di scavi all’interno  del  monumento naturale alla ricerca di reperti ? sarebbe  compromesso  il fragile equilibrio di questo, chiamiamolo così, ecosistema ? Se andiamo  “ sul pratico”, vale a dire in merito agli interventi  programmati  ( o in corso di programmazione )  il discorso si rivela più amaro.  Infatti   sono stati stanziati ben due milioni di euro per la torre, di epoca di rinascimentale ( torre Flavia ); si è pensato  intorno alla medesima una sorta di parco tematico, ma nulla è stato definito o progettato per l’attigua palude, monumento naturale. Invece  insieme  palude e torre  compongono  un unicum irripetibile che caratterizza il nostro paesaggio costiero. Le competenze – purtroppo –  sono diverse da un punto di vista amministrativo, ma da un punto di vista storico, ambientale e soprattutto paesaggistico l’una non può prescindere dall’ altra. Ed ancora lo stesso territorio  intorno a Torre Flavia è diviso tra due  comuni, Ladispoli e Cerveteri Se si aggiungono  le progettate nuove cubature edilizie, l’irrisolto disordine, con i relativi sequestri giudiziari, degli insediamenti  turistico – balneari e la sempre più minacciosa erosione, la situazione  rimane desolante. Invece   tutta l’area  ha bisogno  di riqualificazione unitaria dove possano convivere specie  avicole come il fratino ed il corriere piccolo, sviluppo turistico sostenibile  e  segni e monumenti delle civiltà passate.

 

 

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