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Calcio, altro che rifondazione!

di Ugo Russo 

Torno a scrivere di calcio (e non avrei voluto…) in uno degli articoli prenatalizi.

Come mai? Per evidenziare altri problemi che lo stanno rendendo sempre più uno sport bruttissimo, fuori e dentro dal campo di gioco. Lo spunto me lo ha dato l’indimenticabile amico e collega di “Tutto il calcio minuto per minuto” Ezio Luzzi (88 anni compiuti pochi giorni fa, ma ancora un vulcano di idee e una lucidità di mente invidiabile) che ha invitato me e Tonino Raffa (altra affermata voce della storica trasmissione radiofonica dell’emittente di stato) nel suo programma che conduce tutti i giorni (!). Perché, lasciata la rai (che ha lo slogan attuale, di tutto di… meno), ha comprato le frequenze di una trasmittente capitolina tra le più seguite, rendendo, per altro, gli uffici e gli studi assolutamente gradevoli. E qui, tanto per non cambiare abitudini, presenta sei giorni su sette una trasmissione in cui invita molto spesso grandi personaggi del panorama sportivo, e non solo nazionale. Trovandoci assieme, tre vecchie ed esperte voci della radiofonia, ci siamo messi a sviscerare quali sono gli attuali problemi “dell’italica pedata”, solo che, a differenza di quanto fanno tanti talk show, sportivi o che abbracciano tutte le argomentazioni dello scibile giornalistico, dove conduttori e ospiti fanno bau bau ma tutto tirano fuori tranne che soluzioni al problema, noi ne abbiamo tirate fuori tante. “Con la speranza –abbiamo concluso- che possano, almeno alcune, essere messe in atto e che non ledano gli interesse di quelli che intendono essere dentro a certe situazioni solo per mero interesse economico”. Allora, oltre ad aver rimarcato la grande delusione derivata dall’utilizzo del var, ricettacolo , in gran parte, di polemiche e conseguente nervosismo; della insufficiente, e portata più a sbagliare che a indovinare una valutazione, classe arbitrale, priva di grandi figure e soprattutto di personaggi su cui contare come in passato; di uno spettacolo solo rarissimamente salvabile, ma questo anche perché non sono pochi quelli che giocano nella massima serie che non conoscono neppure i fondamentali del calcio; dal cambiare in continuazione regole che poi, arbitri per primi, finiscono per non far capire più nulla ancora di più. In questo contesto, cosa bisognerebbe veramente cambiare per ridare un minimo di credibilità al sistema? ? Si gioca troppo: non c’è più un giorno libero della settimana, non si capisce più quale giornata si stia giocando, sembra un’unica giornata di 380 partite! Le società si lamentano; da quando è cominciata la stagione si sono registrati oltre 130 infortuni (senza contare gli assenti per covid) e non ci sono i soldi per permettersi rose da 40 giocatori per far fronte a questo incedere così frenetico di gare. Dalla trasmissione è uscito fuori che bisognerebbe, sin dal prossimo campionato, riportare almeno a 18 squadre (74 partite di meno), se non a 16 (addirittura 140 gare in meno!), il numero delle partecipanti. Visti i problemi che si ritrovano alcune squadre pur ad iscriversi non dovrebbe essere un problema e, in ogni caso, va trovata una formula adeguata. In più, e qui bisognerebbe che si accordassero tutte le nazioni europee ed extraeuropee, sarebbe opportuno radunare in un anno in due tranches di un mese l’una sia le partite di qualificazione a mondiali ed europei sia l’eventuale svolgimento della fase finale degli stessi. In tal modo si potrebbero evitare i lunghi viaggi ripetuti tra un continente e l’altro di giocatori stranieri che ritornano, come nel caso della nostra serie A, con la lingua di fuori il giorno prima degli incontri; inoltre, riducendo le squadre, si farebbe a meno anche dei fastidiosissimi turni infrasettimanali del campionato. I giocatori potrebbero rifiatare, si ridurrebbero, è cosa ovvia, gli infortuni; ci si riavvicinerebbe a disputare le gare di campionato almeno nel week-end (è stato ricordato come erano belle le domeniche quando si giocava tutti alla stessa ora il pomeriggio). Quando si è passati alla disamina dell’attuale classifica si è detto, se non altro, che l’unica cosa giusta partorita dall’attuale torneo è che le prime quattro in classifica sono realmente le migliori, che hanno scavato un solco su avversarie più che modeste e che, calcisticamente, la Lombardia è tornata in auge, con l’unica parentesi meridionale rappresentata dal Napoli. Visti i gravissimi infortuni che hanno colpito il Milan (Kjaer, Ibra, Rebic) e lo stesso Napoli (Koulibaly e poi Osimhen) potrebbero giocarsi lo scudetto l’Inter, che ha la migliore rosa dell’intero lotto, e l’Atalanta, se manterrà continuità, essendo quella che gioca il miglior calcio. Quando, poi, si è passati a discutere dell’argomento plusvalenze, è vero tutti puntano il dito sulla Juventus ma se andiamo a vedere i movimenti amministrativi delle altre se fosse aperta un’inchiesta vera, atta a fare pulizia dovrebbero essere prese di mira trequarti delle società. Ergo, un quadro assolutamente poco edificante.

STA MALE L’EMBLEMA DEL CALCIO – Dal Brasile giungono ancora brutte notizie riguardo alla salute di Edson Arantes do Nascimento, noto calcisticamente in ogni angolo del pianeta come Pelè, il più forte giocatore di calcio di ogni tempo. Il campionissimo è rientrato in clinica (negli ultimi anni c’è stato parecchie volte) per sottoporsi a chemioterapia per un tumore al colon. Chiaro che tutti gli amanti di questo gioco sono con il fiato sospeso e pregano perché Pelé possa farcela anche questa volta. E’ tanta e tale la grandezza di quest’uomo (anche fuori dai rettangoli di gioco) che pure i tifosi di squadre che lui calcisticamente ha punito (vedi anche gli italiani per il gol, e non solo quello, nella finale del mondiale 1970) non ce l’hanno mai minimamente avuta con lui, anzi si sono sempre inchinati alla sua capacità unica di trattare il pallone che ne ha fatto un loro beniamino pure se era di un’altra nazione, di un’altra parte del mondo. Forza, O’rey.

COVID GALEOTTO – Poca fortuna per Antonio Conte in questo suo inizio di rapporto con il Tottenham, nel Regno Unito. L’ex tecnico della nazionale italiana si è seduto da poco più di un mese sulla panchina della squadra inglese. Giovedì scorso il Tottenham doveva affrontare il Rennes, compagine francese, per cercare di acciuffare in qualche modo il secondo posto nel proprio girone di conference league (una coppa che più brutta e ridicola non si può. Molto meglio i nostri tornei dei bar di una volta) utile per una sorta di play-off. Ebbene, non è stato possibile giocare (e chissà quando si potrà recuperare) perché ben 13 componenti del Tottenham (8 giocatori e 5 dello staff) sono risultati positivi al covid. E’ nata subito la polemica perché alla decisione dell’Uefa di rinviare la partita, lo stesso Rennes, che ribadiamo doveva essere l’avversario allo New White Hart Lane, ha fatto reclamo perché non era stato avvertito prima di arrivare a Londra. Avrebbe evitato una scomoda trasferta.

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