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Campionato falsato

di Ugo Russo

Quella appena passata é stata una settimana, sportiva e non solo, vissuta a parlare prettamente della immatura scomparsa di Diego Armando Maradona, che ricorderemo più sotto. Ma non possiamo non partire da quanto continua a succedere nella serie A di calcio. E’ stato scritto e riscritto reiterate volte su questo sito (e da tantissime altre parti) che il calcio si sarebbe dovuto fermare da tempo per dare alle squadre la possibilità di disputare un campionato giusto e corretto e per preservare i giocatori da inutili rischi. Ma i calciatori stessi hanno continuato ad infettarsi e non solo loro, anche allenatori e componenti dei vari staff. Metteteci anche i tanti infortuni, perché si gioca troppo spesso, allenandosi poco, di malavoglia ed in condizioni surreali, e vincere gli incontri è diventata quasi unicamente, vista la bruttezza che esprimono sul piano del gioco, una questione di fortuna. Mai come quest’anno si sono verificati risultati clamorosi ed inattesi e c’è una grande accozzaglia in testa. Unico dato giusto, il primo posto del Milan, migliore squadra in assoluto finora, che anzi fino a che ha avuto Ibrahimovic in campo le doveva vincere tutte e otto. Ma ecco qui lo scandalo ancora più grande: arbitraggi vergognosi che hanno indirizzato e lo fanno tuttora certi risultati soprattutto a favore di qualche squadra e a danno di altre. Il Var, poi, continua ad essere uno strumento adoperato male e che danneggia invece di raccontare la verità. Un campionato falsato, dunque, come recita il titolo che dà la possibilità a più di una di essere immeritatamente in corsa. E alla fine, ma già lo è, risulterà non regolare. Con chi vincerà, specie se non sarà quella compagine che avrà meritato di più, che avrà poco di cui vantarsi.

Il mondo del pallone vive una grande crisi economica, le società, anche quelle più blasonate, hanno bilanci fortemente in rosso. Fermarsi per un periodo, pure per aggiustare e trovare rimedi a questi e altri problemi e non continuare a giocare a tutti i costi unicamente per gonfiare le tasche di pochi soloni che reggono le fila di questo sport, non sarebbe assolutamente male. Non dovendo ricorrere, certo, al così è se vi pare di pirandelliana memoria.

E’ MORTO IL RE, W IL RE – Partiamo dal presupposto che non si può morire a 60 anni, specie quando sei stato un atleta e continui a sentire il profumo dell’erba del campo come allenatore. In realtà, però, la vita di Diego Maradona è stata sregolata e votata ad ogni tipo di eccesso: dalla droga, alle frequentazioni poco edificanti, ai festini, e trattandosi di un personaggio così grande tutto è stato ingigantito e pochissimo è stato nascosto. Anzi, al pari dei suoi gol mirabili, delle sue prodezze straordinarie con il pallone si sono contrapposte immagini che lo hanno ritratto con gli occhi spalancati, causa lo smisurato uso di sostanze stupefacenti, mentre veniva preso e portato via a forza. E’ innegabile che tutti questi eccessi, uniti, una volta smesso di calcare i terreni di gioco, alla sua continua lotta con la bilancia e ai tentativi diventati sempre più frequenti e ricorrenti, di dimagrire abbiano a lungo andare minato il suo incedere esistenziale. I suoi grandi polmoni ed il suo cuore, tra l’altro buono e generoso, lo hanno tradito alla fine, essendo morto per arresto cardiocircolatorio dovuto ad una improvvisa crisi respiratoria.

Parlando solo del campionissimo, penso che dopo Pelé (tre Coppe del mondo con il Brasile, più di mille gol in carriera e vita proba ed esemplare) sia stato il più grande calciatore di tutti i tempi, il suo enorme rapporto con Napoli (di cui diceva: “Mi trovo benissimo all’ombra del Vesuvio perché qui riesco a vivere le cose proprio come le voglio io!”) è stato eccezionale. E quanto ha dato alla città partenopea! Facendola assurgere da emerita sconosciuta in materia “pallonara” ad una delle squadre più ammirate al mondo.

E più di Pelé, forse, si sarebbe adattato splendidamente al calcio di oggi perché con le sue corte leve aveva una velocità di esecuzione fantastica. Ancor oggi li avrebbe irrisi tutti poiché aveva, come nessuno, una classe immensa e sarebbe stato un ambasciatore unico tra i due tipi di gioco. La sua voglia di fare tutto quello che voleva, dentro e fuori del campo. Ma avendo vissuto nell’epoca dove esistevano tanti fuoriclasse (non ovviamente alla sua altezza) ha incorporato in sé, come gli altri, non la spocchia, non la prosopopea che hanno molti inguardabili di oggi ma l’umiltà di favorire il lavoro degli addetti ai lavori, ai quali spesso si è schierato al fianco. Mai si è negato ad interviste, a servizi sulla sua carriera. Ricordo una volta che andai a fare la telecronaca di un Napoli-Roma. Io e altri colleghi di varie tv ci fermammo più del dovuto in tribuna stampa per i commenti finali e scendemmo tardi per le interviste. Lui era già uscito dalla sala stampa ma gli piaceva restare anche fuori dallo stadio per intrattenersi con i tifosi che lo idolatravano. L’addetto stampa del Napoli disse: “So dove trovarlo, gli dico se vuole tornare da voi”. Detto fatto: passarono pochi minuti e Diego, sorridente, si concesse a tutti noi per le interviste di rito. Massima disponibilità. Grande, grandissimo.

Quando uscii dallo stadio lui era ancora lì, con l’allora moglie Claudia Villafane, a parlare e a fare foto con i tifosi. Ricordiamolo così, Diego Armando Maradona, un campionissimo dal grande cuore e sempre vicino alla gente. Certo, per alcuni comportamenti fuori dalla sua professione non è stato di grande esempio, specialmente per i più giovani, ma non ha mai fatto male a chi aveva vicino ed in fondo, pur se se n’è andato troppo presto, ha vissuto la sua vita come la voleva vivere. Dotato dal Padreterno di piedi fenomenali e di… una mano de Dios!

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