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Conto alla rovescia, meno nove

di Pietro Zocconali, giornalista, presidente Associazione Nazionale Sociologi

Oggi, 25 aprile 2020, festa della Liberazione, mancano ancora nove giorni al 4 maggio, festa di fine “coprifuoco”. Non voglio chiamare per nome la causa degli attuali “arresti domiciliari” che ci hanno costretto, e lo faranno ancora per pochi giorni, a rimanere chiusi in casa.

Il professor Zocconali

Si sta parlando molto della decimazione della popolazione anziana in tutto il mondo, ed io, che anziano lo sono, essendo ancora vivo e in buona salute, mi sento come un reduce che sta tornando dal fronte, sano e salvo, dopo aver visto morire centinaia di coetanei in questa guerra da “Grande fratello” (quello di Orwell, non quello della TV), degna di un film di fantascienza, guerra che stiamo combattendo contro un nemico, subdolo e invisibile perché infinitamente piccolo.

Numerosi sono i problemi che ci stanno attanagliando, tutto ciò di cui stanno dibattendo i media: vediamo i camion dell’esercito che trasferiscono numerose bare verso cimiteri lontani; persone che stanno perdendo i loro cari senza poter stare loro vicino per un estremo saluto; medici e infermieri che, attenendosi al giuramento di Ippocrate, si stanno sacrificando al limite delle loro possibilità anche sacrificando la loro vita; le opportunità di lavoro, crollate, stanno causando un aumento vertiginoso della disoccupazione e per molti sarà dura ripartire; la chiusura delle frontiere, il crollo del commercio internazionale, fatale per la nostra economia; il crollo del turismo, soprattutto quello degli stranieri che, di norma, fin dai tempi del “Gran tour”, da secoli fa sentire agli intellettuali il bisogno irrinunciabile del “Viaggio in Italia”, di visitare il nostro “Bel Paese”; per fare qualche nome eccellente: Richard Lassels, Johan Wolfgang Goethe, George Gissing.

Voglio ora trattare un argomento che mi sta molto a cuore: un paio di settimane fa mi ha chiamato uno dei miei figli (ne ho due, con quattro nipoti, da 11 a 4 anni, che non vedo di persona da quasi due mesi); mi ha detto che Alessandro, quello di tre anni e pochi mesi, stava piangendo in casa disperatamente; era andata così: il mio nipotino aveva sentito la voce di una persona che, all’interno del condominio stava passando nell’area vicino al loro giardino. “E’ nonno Pietro, ho riconosciuto la voce; sta venendo a casa nostra”.

Purtroppo, come si può immaginare, non ero io, ed Alessandro ha iniziato a dire che non gli volevo più bene e che i nonni si erano dimenticati di lui. Mio figlio ha provato a passarmelo in video chiamata, ma, alla faccia dell’efficacia di tutte queste diavolerie moderne, Alessandro è fuggito via, nascondendosi il volto con le mani, e non mi ha voluto né vedere né parlare, dopo la forte delusione subita. Con lui, in effetti, ci vedevamo quasi tutti i giorni ed il trauma che noi adulti stiamo sopportando, per lui evidentemente è stato più forte, non potendo comprendere la causa di ciò che sta accadendo.

Il problema mio e di tutti i nonni (quelle sopravvissuti all’ecatombe, naturalmente) è quello della lontananza dai figli e dai nipoti non conviventi, imposta improvvisamente dalle circostanze, astinenza dura da sopportare. Un altro nipote questa mattina ha reso felice mia moglie; per telefono le ha detto: “nonna il 4 maggio vi veniamo a trovare e staremo finalmente insieme”.

Sono ancora vive le immagini che abbiamo visto a Wuhan in Cina alla mezzanotte dello scorso 7 aprile, alla scadenza del “lockdown”; la gente in partenza con tutti i mezzi, per ricongiungersi con i propri cari. Così sarà un po’ da noi in Italia. Tra qualche giorno anche noi tutti potremmo ritrovare i nostri affetti e, soprattutto, i nostri nipotini, naturalmente con tutte le cautele del caso.

In attesa che tutto torni come prima, questa pandemia che ci ha fatto capire ancora meglio quali sono i veri valori della vita: l’amore e la libertà.

 

 

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