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E’ un “Sabato triste” per le donne

di Pietro Zocconali, presidente ANS Associazione Nazionale Sociologi, giornalista

Parlando di musica leggera non sono insoliti certi testi che danno un cattivo esempio di vita e comportamento a chi li ascolta, Vado al massimo (Vasco Rossi – 1982: “Voglio veder come va a finire andando al massimo senza frenare”), Vaffanculo (Marco Masini, 1993: “con la voglia di gridare al mondo: Vaffa…”); per non parlare di quanto viene diffuso oggi dai vari media tramite PC e telefonini, questi ultimi in mano a bambini dai sei anni in poi con il beneplacito di genitori impegnatissimi con il lavoro (con la piscina, il calcetto, il padel ecc).

Di questi tempi, particolarmente negativi per la libertà e l’incolumità delle donne, i soprusi e le angherie contro di loro, considerate da milioni di uomini nel mondo esseri umani di serie B, voglio parlare in particolare di un brano di musica leggera che casualmente ho riascoltato dopo molti anni e che mi ha lasciato basito; si tratta di “Sabato triste”, interpretato da Adriano Celentano, pubblicato nel 1963, musica di Don Backy, testo: Mogol, Miki Del Prete (Wikipedia); un testo che da normale che poteva essere al tempo, può oggi considerarsi sconveniente: “Sabato triste” è la summa del pensiero dell’uomo medio prima della rivoluzione dei costumi del sessantotto: il marito/padre padrone, sberle e cinta per raddrizzare la schiena ai figli e per far rigare dritto la propria donna.

Il problema è che, passati sessanta anni, nonostante l’evoluzione del costume e del pensiero (sto parlando in particolare del miglioramento di usi e costumi nel mondo occidentale), dell’indice di scolarizzazione molto più elevato, c’è chi la pensa ancora in quel modo. Leggiamo alcuni versi di quel testo:

“…questo sabato è triste, per me / la mia donna non c’è. …..
Ma se rientra la picchio davvero, / deve capire che così, no non va
deve capire che al sabato un uomo / non può restare senza donna e digiuno.
Da mangiar, da dormir …..”

Questa donna è praticamente la sua cuoca (senza la quale digiuna), il suo scaldaletto (con annessi e connessi), e se sgarra va presa a pugni. Poi, però, il nostro Adriano nazionale si riprende e dice:

“…..ma se lei ritornerà / il coraggio di picchiarla
no, non l’avrò / perché io l’amo /ed è tutto per me…..”

Non la picchia perché l’ama.

E quando non l’amerà più o lei gli dirà di non amarlo più, forse la spedirà all’ospedale o peggio!!

E’ cosi che sta succedendo da noi, in Italia, il “Bel Paese” di Dante, Manzoni, Leopardi.

Quasi ogni giorno una donna viene uccisa dall’ex che, considerandola di sua proprietà, non riesce a vivere senza dominarla fino al limite di cancellarla dalla faccia della terra.

Ma in questi ultimi 60 anni cosa abbiamo insegnato ai ragazzi, in famiglia e in ambiente scolastico? E poi ci scandalizziamo quando pensiamo che in certi paesi, guidati da politicanti e religiosi senza scrupoli, la donna viene considerata come un oggetto da riproduzione, con nessun diritto ad avere una propria vita in libertà.

“Da mangiar, da dormir; da mangiar, da dormir; da mangiar, da dormir”.

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