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SANREMO, e i cantanti? E le canzoni?

di Ugo Russo 

 Lo hanno fatto ugualmente, il festival, quando si sperava, con un prodotto così mediocre alla stregua di quelli da molto tempo a questa parte, che quest’anno, visto il periodo e senza pubblico, poi…, ci avrebbero risparmiato l’indecente visione. E invece, gli ascolti hanno parlato chiaro (nonostante coprifuochi vari e mancanza di valide alternative di altri programmi televisivi), lo hanno seguito per lo più giovani che di musica poco capiscono ma basta che gli dai il cantante super-tatuato, o equivoco, o il rapper (tipo di musica che di melodia non ha nulla ma solo cantilene condite di parolacce e da una accentuata stanchezza di vivere) e via di questo passo, sono contenti. Cantanti che forse conoscono solo i citati giovani (ed infatti la classifica finale l’hanno indirizzata i loro voti tramite web) ma come si può, usando nomi di fantasia che magari sono più noti di coloro che, indegnamente, sono saliti su un palcoscenico una volta glorioso, pensare che Fra cacchio da Velletri, Giovanni Minchiotti, Cesare Budelloni, Maria Lucessu, e compagnia bella possano far parte dei big? I testi, poi, per lo più banali; mancano i grandi parolieri di una volta ed anche le musiche portano chi le ascolta a dire: “Questo motivo mi sembra di averlo già sentito”.  Ed infatti si incorre spesso nel plagio. Negli anni ’60, periodo di maggior fulgore del Festival dei fiori che, tra l’altro, si svolgeva al Casinò di Sanremo (all’Ariston sarebbe arrivato a metà del decennio successivo) partecipavano veramente i migliori in assoluto cantanti italiani e mondiali. C’erano tutti ed era sinceramente un bel vedere e, soprattutto, un bel sentire. Gli attuali organizzatori non si devono più permettere di chiamarlo Festival della canzone italiana perché la gente, o quanto meno quella che mastica bene di musica ed è stata abituata con le canzoni del passato, non  si riconosce più con questo tipo di brani e di personaggi e quindi se vogliono continuare a farlo (per pochi intimi) dovranno chiamarlo semplicemente festival, generico, di che? Dello schifo, della depravazione, dei soggetti strani.

Personalmente, se non nei tg del giorno dopo, non ho visto un solo minuto di questa disastrosa rassegna; sapendo, comunque, di dover partorire un pezzo al riguardo mi sono avvalso di un carissimo amico e collega che, per lavoro dovendo seguire per la sua testata giornalistica Sanremo, mi ha perfettamente relazionato, lui di cui mi posso fidare perché grande competente e inorridito a sua volta da quanto ha visto e sentito. Del resto, per mio conto, avevo deciso di non guardare Sanremo nel momento in cui ho saputo che uno degli ospiti fissi sarebbe stato Achille Lauro; ludibrio, scandalo quel bacio sulla bocca (tra l’altro senza mascherina… ma questo è diventato , poi, l’impatto meno schifoso) con il chitarrista, quel modo di vestirsi e di trasgredire che lo può andare a fare in un Gay-pride e non in uno spettacolo per giunta in Eurovisione. Come si fa a voler far diventare personaggi persone simili! Non succede, ma se un giorno uno dei miei figli mi dovesse chiedere di voler andare a vedere un concerto di Achille Lauro non gli direi di no, ma al suo ritorno troverebbe la chiave del portone d’ingresso cambiata! Andiamo avanti con i personaggi fissi. Vergogna la partecipazione di Ibrahimovic sia pure per motivi completamente diversi dal precedente. Come ha potuto il Milan, in un momento culminante della stagione in cui si sta giocando tutto ed ha bisogno del suo leader, permettere al giocatore di andare tutta la settimana a Sanremo? Sarebbe andato in ogni caso ma, per rendere meno amara la pillola ai tifosi rossoneri è stato montato ad arte, ancora di più di quella che era l’effettiva gravità, questo infortunio (però, Ibra ha fatto tranquillamente e ripetutamente la lunga scalinata dell’Ariston, oppure una sera si è fatto, in posizione del tutto scomoda, due ore di motorino per arrivare… Qualcuno dice che è stato Amadeus, nel momento in cui il Milan stava dominando il campionato, a cercare di toglierlo, lui tifoso dell’Inter, ai cugini, però, ripeto, il Milan non avrebbe mai dovuto permetterlo. Ognuno ce l’ha messa davvero tutta per falsare clamorosamente questo già di per sé stesso squallido torneo di serie A! Quanto alla resa sul palcoscenico Ibrahimovic forse ha fatto ridere solo i componenti della sua famiglia e gli amici più cari; ogni sua gag è sembrata scopiazzare quelle di Celentano anni ’70, con una sola differenza: l’Adriano nazionale ha inventato quel suo personaggio unico e disarmante e faceva effetto perché lui era un grande dello spettacolo e trasmetteva simpatia, Ibra è un calciatore fantastico ma su un palco non può salire se non per prendere premi calcistici. E i conduttori? Si è detto che traspariva chiara la loro amicizia. A parte che con quelli che sono stati i loro guadagni anche uno incavolato con un altro si sarebbe comportato come un angioletto… Piuttosto, tante volte si capivano e ridevano solo tra loro, raccontandosi a bassa voce le battute. E’ parsa una minestra riscaldata e per giunta scotta dello scorso anno in cui invece erano piaciuti. E quel Fiorello con la corona di spine in testa… A fine festival Amadeus ha detto che in futuro non vorrà fare più il direttore artistico della manifestazione: se non altro ha avuto il coraggio di riconoscere il fallimento. Non abbiamo neanche sfiorato l’argomento-risultati dell’ultima sera: tutti bocciati e rimandati. Ma se si pensa che Orietta Berti ha fatto la sua figura vuol dire che qualcuno a cui torna improvvisamente il ricordo di quella che è stata la vera canzone italiana ancora c’è e allora torniamo a sentire le vere e belle canzoni, per favore. Ripristiniamo una scuola melodica, andiamo alla ricerca di interpreti veri, di “animali da palcoscenico” che possano coinvolgere ed “infiammare” davvero le persone nel modo più giusto e pulito che ci sia. I giovani ormai vanno per conto loro, lasciamoli alle proprie (non) scelte musicali che tanto anche le note hanno distorte.

PENSIERINO DELLA SERA – Il covid ci ha lasciato molto tempo per pensare, pensare, pensare… fino a diventare pazzi o… filosofi . E siamo addivenuti al fatto che per non soccombere davanti agli altri, almeno alla maggior parte di loro, che sempre di più se ne sbattono del prossimo, hanno perso tutti i valori, il rispetto, il culto della famiglia, devi sempre far vedere le tue cose ancora peggiori o diverse da quelle che sono per ottenere risultati; all’uopo utile trasportare la propria esistenza in un grande teatro, ecco l’aggancio all’Ariston, e tenere fedelmente presente questa massima che lo scrivente, filosofeggiando, ha coniato in prima persona, ed esige fedelmente il copyright, e può essere un modo per andare avanti in modo migliore. Leggete a voce alta: LA VITA E’ TUTTA UNA RECITA, CHI NON SA RECITARE ARRIVA SEMPRE SECONDO. Capito? Meditate, gente, meditate…

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