di Arnaldo Gioacchini *
Tutto si può dire della latina Gabii italianizzata solo togliendo una i, ergo in italiano Gabi ( ma il suo nome originale era il primo – ndr), fuorché che non possegga un’ampia storia, temporalmente parlando, risalente addirittura alla fine dell’età del bronzo ed all’inizio dell’età del ferro, il tutto missato fra alcune certezze e qualche dubbio ( come avviene, in genere, quando si parla di realtà non certo vicine nel tempo).
Ad esempio fra le certezze assolute c’è quella che la città, sita sulla via Prenestina e molto vicina all’Aeterna Urbs e facente parte di quello che era il Latium vetus (Lazio antico), fu, abbondantemente, molto più antica di Roma. Sulle sue origini due sono le ipotesi storiche la prima, la quale è quella che ha più seguito, è che Gabii fu fondata dai Latini di Alba Longa, mentre la seconda, la meno seguita, è che la città sarebbe stata fondata dai Siculi anzi, ad essere esatti, dai due fratelli Galatus e Bins, dalle cui iniziali consonanti con vocali discende il nome della città. La leggenda antico romana, anche se poi non è da escludere che invece sia vero, ci dice che i due gemelli fondatori di Roma: Romolo e Remo, appresero l’ “arte” della lettura e della scrittura proprio in quel di Gabii questo anche perché la nascente Roma era, in origine, un luogo di pastori mentre Gabii possedeva già consolidati dati culturali dei quali facevano parte la lettura e la scrittura.La città era quasi a ridosso di Roma sulla via Prenestina antica (collegante Roma a a Praeneste – Palestrina – ndr) nemmeno a dirlo ma la Prenestina originariamente si chiamava via Gabina, ad una distanza di appena XII miglia latine, come a dire a meno degli attuali 18 chilometri, dalla Capitale. Andando a “pescare” nella sua storia troviamo anche Dionigi di Alicarnasso ( che da antico storico descriveva sempre realtà reali e consistenti) il quale ci dice che la città faceva parte della cosiddetta Lega Latina. Vi è da dire che l’antica Gabii era a ridosso di un non grande lago vulcanico detto lacus Buranus o lacus Sanctae Praxedis poi, molto successivamente nomato lago di Gabi o di Castiglione. Il lago, manco a dirlo, faceva parte del sistema vulcanico dei Colli Albani, vedasi ad esempio sia il lago di Nemi che quello di Castelgandolfo precedentemente entrambi coni vulcanici eruttivi. Come è noto tutti i laghi del Lazio, piccolo e grandi, sono “figli” di precedenti realtà vulcaniche. Il lacus Buranus poi lago di Castiglione (insomma il lago di Gabii) fu prosciugato tenendo conto delle sue origini storico – geologiche solo molto di recente considerando che la sua “cancellazione” avvenne solo nel1890 quando i nobili Borghese proprietari di tutta la zona ( e non solo – ndr) ne realizzarono la bonifica totale con il convogliamento delle sue acque nel vicino, ed abbastanza antico, facente parte di un’area piuttosto paludosa, fosso dell’Osa. Che l’antica Gabii sia stata un vero e proprio coacervo storico – archeologico il quale vada comunque, possibilmente, enucleato, non vi è l’ombra di dubbio, per ovvii motivi di spazio, cerchiamo qui almeno di farne una sintesi: Siamo in epoca dei re etruschi a Roma quando la città fondata da Romolo aveva iniziato ad espandersi cominciando dal territorio limitrofo dopo aver sconfitto Alba Longa volendone assumere il ruolo all’interno della Lega Latina ma Gabii si oppose a tal punto che entrò in guerra con la Roma dell’epoca, un bellum che comunque non vide né vincitori né vinti tanto è vero che l’allora regnante Tarquinio il Superbo, insieme al figlio Sesto Tarquinio, architettò un ingannevole piano per prendere Gabii: Sesto si sarebbe finto un ribelle di Roma, e avrebbe chiesto asilo ed aiuto a Gabii e fu così che la città venne conquistata. A seguito di ciò fu stilato un trattato di pace fra Roma e Gabii detto il Foedus Gabinum il quale concedeva uguali diritti agli abitanti delle due città: Un trattato di pace scritto direttamente dallo stesso re di Roma Tarquinio il Superbo in latino con caratteri greci su una pelle di bue, sacrificato per l’occasione, disteso su uno scudo di legno e che fu appeso nel tempio di Sanco (una divinità sabina che alcune fonti assimilano a Zeus) sul colle del Quirinale. Successivamente accadde che quando Tarquinio il Superbo fu cacciato da Roma, il figlio Sesto invece di seguire il padre, si rifugiò a Gabii pensando che ivi avrebbe trovato un tranquillo rifugio ma non fu così in quanto i suoi abitanti, memori dell’inganno a suo tempo da lui ordito lo uccisero brutalmente. Con il correre del tempo si vide come i destini di Gabii e Roma furono sempre più interconnessi, tanto è vero che già due secoli c.a. prima della nascita di Cristo siamo nel 221 a.C. la città vide ben transitare e sostare le truppe di Annibale in marcia verso Roma, che il famoso generale cartaginese sperava di conquistare prendendola di sorpresa cosa che invece non gli riuscì. Gabii comunque aveva rappresentato il vertice di un antico triangolo che comprendeva le città di Tibur (Tivoli), Præneste (Palestrina) e Collatia (Lunghezza?) il quale nel periodo antico ebbe notevole sviluppo e grande importanza nelle vicende storiche e politiche del Lazio in forza della posizione strategica sulle arterie di collegamento dei percorsi commerciali tra l’Etruria e la Campania. Tibur, Præneste e Collatia erano anche molto legate fra di loro in quanto guidate da alcuni capi guerrieri e sacerdoti dinasticamente imparentati. A Gabii, fra l’altro, nel 54 a.C., nacque, da una molto benestante famiglia equestre, Albio Tibullo, poeta che, in tutta la storia dell’antica Roma, è stato sempre considerato tra i maggiori esponenti dell’elegia erotica. Nel 41 a.C. Gabii avrebbe dovuto pure ospitare un incontro chiarificatore tra Ottaviano e Lucio Antonio per appianare i contrasti sorti per la distribuzione delle terre ai soldati del fratello di Marco Antonio. L’incontro però non ebbe luogo, per il timore di Lucio Antonio il quale pensava che l’incontro di Gabii fosse stato architettato per tendergli una trappola. Poi chiaramente con la grande espansione di Roma la quale, come è noto, andò ben oltre i confini italici ed il Mare Nostrum, la “stella” di Gabii si affievolì sempre più fino ad andarsi a spengere del tutto tanto è vero che le notizie che la riguardavano furono sempre più parcellizzate: Nel II secolo p. C. Gabii dette i natali a Getulio, che fu martirizzato per la sua fede cristiana, un martire che per questo motivo fu poi fatto santo. Nel tardo IX secolo comunque Gabii era sede di diocesi il che faceva presupporre che era ancora sufficientemente abitata ciò fino a giungere all’XI secolo quando il luogo fu abbandonato divenendo una zona completamente agricola. Un luogo siffatto non poteva,ovviamente,essere parco di ritrovamenti archeologici anche molto importanti e piuttosto unici se si considera, a massimo esempio, che in loco nella necropoli detta dell’Osteria dell’Osa sono state rivenute due iscrizione arcaiche (entrambe di difficile e molto problematica traduzione) iscrizioni che sono fra le più antiche mai ritrovate al mondo! Una in lingua greca, databile all’VIII secolo a.C., con su inciso forse un”EUOIN” che potrebbe essere interpretato come grido rituale fatto delle baccanti, oppure come un “EULIN” stante a significare di “ben levigato” e l’altra in lingua latina risalente al VII secolo a.C. che potrebbe essere un saluto: “SALVETOD TITA” come a dire “ti saluto, o Tita”. Detto di queste due “punte di diamante” archeologiche cerchiamo di andare per ordine in proposito: Le prime ricerche del genere fatte a Gabii furono quelle dello scozzese, di nobile famiglia, Gavin Hamilton, scultore ed archeologo dilettante (morto a Roma dove, comunque, era venuto a studiare pittura con Agostino Masucci), che lì iniziò ( scavò anche a Villa Adriana a Tivoli) nel 1791 dopo che ottenne dal proprietario della zona il principe Marcantonio Borghese l’autorizzazione a farle. Si trattò, comunque, di scavi di grande successo che riportarono alla luce oltre il foro della città anche vari edifici e soprattutto tante statue in numero superiore a 200, anche se molte piuttosto mal ridotte ,visto che, con le tecniche di restauro dell’epoca, ne recuperarono, dignitosamente, solo 49. Tutte queste furono poi esposte, grazie al principe Borghese, il quale riacquistò anche quelle dovute all’Hamilton, all’interno della Casina dell’Orologio, che divenne un museo all’interno di Villa Borghese a Roma, con il nome di Casino di Gabii. Il museo fu smantellato nel 1807 ed il materiale che vi era esposto, fu venduto a Napoleone tanto è vero che dall’epoca proprietà francese ed è esposto al Museo del Louvre a Parigi. Ovviamente, considerando la sua antica storia, tanta è l’archeologia legata a Gabii che vale la pena di farne magari un contenuto accenno: Prossima alla città fu rinvenuta la necropoli di Osteria dell’Osa, una necropoli protostorica usata per più di tre secoli, dal IX al VI secolo a.C., costituita, come la maggior parte delle necropoli risalenti a quasi tremila anni fa da realtà funerarie “composite” che vanno da seppellimenti (700 c.a.) sia ad inumazione che ad incinerazione. I reperti (corredi ed organizzazione delle tombe) di quanto rinvenuto alla necropoli di Osteria dell’Osa sono esposti nella nuova sezione Protostoria del Museo Nazionale romano alle Terme di Diocleziano (che, come è noto, sono di fronte alla ferroviaria Stazione Termini di Roma) ed hanno fornito molto importanti notizie sull’organizzazione delle popolazioni preromane dell’antico Lazio. Come tutti i luoghi importanti anche a Gabii non mancavano i santuari tanto è vero che ad ovest dell’insediamento urbano è stato rinvenuto il santuario di Giunone Gabina, mentre a est, entro l’area muraria, è stato individuato il cosiddetto Santuario orientale, attivo tra il VII e II secolo a.C. e probabilmente dedicato ad una divinità femminile protettrice delle nascite, e nei pressi del Santuario di Giunone, è stato poi trovato un edificio, identificato, grazie alla dedica di chi a quell’epoca lo finanziò,come un sacello dedicato a Domizia Longina, moglie dell’imperatore Domiziano. Fra l’altro il succitato Gavin Hamilton ritrovò pure i resti del foro ( che oggi è interrato), una piazza rettangolare, dove per tre lati correva un porticato, mentre l’altro lato corto si apriva direttamente sulla via Prenestina. Ma i ritrovamenti concernenti Gabii non finiscono certo qui in quanto fu identificato anche il luogo ove c’era l’acropoli antica insieme a di lunghi tratti delle mura, in opera quadrata di tufo dell’Aniene. Recentemente è stato riportato alla luce un edificio, di età arcaica, che si crede possa essere stato abitato dai re della città Latina. Vi è da dire che i ritrovamenti delle diverse campagne di scavo hanno reso possibile delimitare con certezza la notevole l’estensione di Gabii ,un’estensione che quanto era importante la città per i Latini con i reperti (dell’età del bronzo) ritrovati concentrati nella zona del lago ormai scomparso e sempre in zona furono rinvenute anche molte di più, rispetto a quelle dell’età del bronzo, testimonianze archeologiche della prima età del ferro, fra l’altro nella zona del Santuario orientale sono stati rinvenuti pure molti bronzetti votivi. Le ricerche archeologiche hanno anche fatto luce su un notevole fenomeno di sinecismo (concentrazione urbana dovuta a fattori di difesa e commerciali – ndr) tutto ciò a partire dal II secolo a.C. quando l’abitato si sviluppò sopratutto intorno alla via Prenestina ed al Santuario di Giunone, il che fa pensare d un scelta anche dettata per controllare meglio la viabilità itinerante come era stata già, in parte, precedentemente nella “genetica” storica della città. Vi è da sottolineare come Gabii abbia sempre avuto fra le sue attività maggiori quella estrattiva, infatti il suo indiscusso vulcanismo originale fornì sempre un ottimo tufo, tanto è vero che le sue cave fornivano un’eccellente materiale da costruzione, quello che poi è stato l’apprezzato lapis gabinus per la vicina emergente città di Roma. Attualmente l’area di Gabii è un sito archeologico inserito nella città metropolitana di Roma Capitale.
*Membro del Comitato Tecnico Scientifico dell’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiale UNESCO
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