In un luogo particolarmente bello del Gianicolo, dal quale affaccio si domina anche la bellezza di Roma, sorge, di fronte alla chiesa di San Pietro in Montorio ed all’Accademia di Spagna che al suo interno possiede anche uno splendido tempio/chiesa realizzato su progetto di Donato Bramante, anche un gran bel mausoleo in marmo bianco del quale vale la pena di fare una succinta, ma possibilmente “dignitosa”, cronistoria del perché e per quale motivo fu edificato, andiamo ai fatti.Il 30 Aprile 1849 i garibaldini ed i volontari comandati da Giuseppe Garibaldi, che erano accorsi in difesa della Repubblica Romana condotta dai triunviri Armellini, Saffi e Mazzini, riportarono una sonante vittoria sulle truppe francesi invocate dal Papa Pio IX che, precedentemente, era fuggito a Gaeta. In occasione di questa ricorrenza l’Istituto Internazionale di Studi “Giuseppe Garibaldi” il 30 Aprile tiene, presso il Mausoleo Ossario Gianicolense, sito al n.29 di Via Garibaldi al Gianicolo, la cerimonia commemorativa dell’evento. Una cerimonia che l’Istituto replica sempre in collaborazione con altre Associazioni. Il Mausoleo molto bello ed austero nello stesso tempo (come dovrebbe essere sempre ogni mausoleo degno di questo nome ma, purtroppo, a volte non è così) sorge nella località detta Colle del Pino dove tra il 30 aprile e i primi giorni del luglio 1849 si svolse l’ultima strenua difesa guidata da Giuseppe Garibaldi della Repubblica Romana proclamata il 9 febbraio dello stesso anno. Il suddetto Mausoleo (l’antico termine di Mausoleo viene dalla grandiosa tomba eretta nel 353 a.C. per contenere le spoglie mortali del re della Caria Mausolo, tomba considerata una delle Sette Meraviglie del Mondo – ndr) fu inaugurato il 3 novembre del 1941 per accogliere i resti dei caduti nelle battaglie per Roma Capitale succedutesi dal 1849 fino alla liberazione della Città Eterna (Aeterna Urbs – vds Albio Tibullo 54 a.C.) avvenuta nel 1870. Il luogo ove sorge il Mausoleo Ossario Gianicolense non è casuale in quanto l’esigenza di ricordare degnamente i caduti per Roma fu posta fortemente già all’indomani della presa di Porta Pia, tanto è vero che già nel 1878/79 lo stesso Garibaldi e il figlio Menotti furono tra i promotori della legge che riconobbe nel Gianicolo il luogo dove raccogliere i resti dei patrioti. Fu quindi realizzato il primo sepolcreto sulla base di minuziose ricognizioni effettuate per individuare le salme, alcune delle quali erano tumulate al Campo Verano, mentre quelle del 1870 erano ancora sepolte sui luoghi delle battaglie presso le Mura. L’idea di realizzare un Mausoleo fu ripresa negli anni Trenta del ‘900 da Ezio Garibaldi, figlio di Ricciotti, allora presidente della Società dei Reduci Patrie Battaglie, intitolata all’eroico nonno, e proposta al Governo, che la fece propria sostenendone i costi. Per quanto concerne la descrizione interna della struttura tutta progettata dall’arch. Giovanni Jacobucci ed inaugurata nel 1941 scrive il Ministero per i Beni e le Attività Culturali: “ In corrispondenza degli angoli del quadriportico, quattro piedistalli in travertino sorreggono altrettanti bracieri bronzei decorati con teste di lupa, che ancora oggi vengono accesi nel corso delle ricorrenze ufficiali. Sui piedistalli sono ricordate le battaglie più significative per la liberazione di Roma: 1849 Vascello, San Pancrazio, Palestrina, Velletri, Monti Parioli, Villa Spada; 1862 Aspromonte; 1867 Monterotondo, Mentana, Villa Glori, Casa Ajani; 1870 Porta Pia, San Pancrazio. Sul retro del quadriportico, una doppia rampa di scale scende al Sacrario, chiuso da un imponente portale bronzeo. Il suggestivo ambiente è diviso in due zone: un vestibolo con piccole absidi laterali e un vano quadrato, che ha al centro un grande pilastro circolare ornato con palme e croci votive in alabastro. Il soffitto a volta ribassata è ricoperto di tessere musive in oro; marmi policromi rivestono il pavimento e le pareti, sulle quali sono disposti 36 loculi chiusi da lapidi che ricordano i nomi di oltre 1600 eroici caduti. Nei loculi sono conservati solo pochi resti (ca. 200), per lo più anonimi, rinvenuti nel corso delle varie ricognizioni. Nella parete di fondo è posto il sarcofago in porfido con le spoglie di Goffredo Mameli, il giovane poeta genovese, autore dell’Inno d’Italia, ferito a morte proprio sul Gianicolo nel 1849 a soli 22 anni ”. Chi scrive conosce molto bene, fin dalla giovinezza, il suddetto Mausoleo perché ivi sono conservate anche le ceneri dei suoi antenati Paolo Gioacchini e dei suoi figli Giuseppe e Giovanni, uccisi, nel 1867, nell’eccidio del lanificio Ajani in Via della Lungaretta in Trastevere insieme alla nota eroina risorgimentale Giuditta Tavani Arquati. Comunque, mausoleo garibaldino a parte, sul colle Gianicolo dedicato all’antichissimo dio Giano (spesso rappresentato, nella statuari età, con volto bifronte guardante i quattro punti cardinali di base: nord, sud, est, ovest) ci sarebbe molto da scrivere in quanto il suddetto Giano (prima uomo e poi dio) sembra che, come primo re del Latium, fondò addirittura un villaggio proprio sul colle Gianicolo ( che è alto meno di 100 mt – 88 per l’esattezza) il quale era contornato da boschi sacri e poi il quarto re di Roma Anco Marzio intorno al 600 a.C. inglobò il suddetto colle (finora in territorio etrusco) nell’ambito della prima Roma. Comunque il Gianicolo rimase, ancora per molti anni, sempre una sorta di luogo di confine e di osservazione sulla città, tanto è vero che nel 477 a.C. i Veienti, dopo aver sconfitto l’esercito romano, stabilirono sulla sommità di esso una sorta di fortilizio dominante la Roma dell’epoca. Insomma, non c’è che dire, il Mausoleo del Gianicolo, il quale è lì a testimoniare importanti momenti di storia patria, è stato edificato in un luogo letteralmente intriso di storia fin dalla più tarda antichità. E poi, volendo rendere omaggio “ai corsi e ricorsi storici” di Giovanbattista Vico, chi attualmente transita o va al Gianicolo impatta anche la bellezza del Fontanone e del bianco Faro (donato dagli italiani d’Argentina) che, quando funzionante, di notte lancia fasci di luce tricolore, ed ancora i mezzi busti degli eroi garibaldini e i due bei monumenti dedicati a Giuseppe Garibaldi ed a sua moglie Anita, una fior di combattente anche lei come lo fu il famosissimo marito. E, dimenticavo di dire, del cannone, che a mezzogiorno di ogni dì, dalla sua piazzuola posta proprio sotto il belvedere, spara un potente colpo, ovviamente a salve. Abbiamo parlato di un Mausoleo e dobbiamo aggiungere che il termine viene da Mausolo re di Caria al quale la moglie Artemisia, nel 353 a.C., lui morto, fece costruire una tomba/tempio (non da poco) per ospitare i suoi resti mortali, ma questa è un’altra storia a cui forse torneremo nel futuro.
Arnaldo Gioacchini

Lascia un commento