Si può essere burocrati a spese del diritto allo studio dei figli degli altri?“L’approvazione delle modifiche al Calendario scolastico proposte dalle singole Istituzioni scolastiche è di competenza regionale”, così scrive correttamente un gentile, quanto ignoto, burocrate della Regione Lazio. Il problema è nel seguito del testo che non chiarisce in base a quali principi la Regione approvi o meno le modifiche. Oggettivamente è limitato e limitante il riferimento alla circolare regionale che, invece di ore di lezione, parla di “giorni di lezione” e che possiamo riassumere in: “tanti giorni chiudi, tanti giorni riapri”.Tuttavia, se ci si riferisce alla fonte normativa, l’art. 11 del decreto legislativo 19 febbraio 2004, n. 59 che al comma 1 recita: <<Ai fini della validità dell’anno, per la valutazione degli allievi è richiesta la frequenza di almeno tre quarti dell’orario annuale personalizzato di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 10>>, per cui è evidente che si debba fare riferimento proprio alle “ore di lezione”, che, solo nelle norme applicative successive e solo per semplicità, vengono “tradotte” in “giorni di lezione”. In sintesi, nel caso in cui gli organi collegiali della scuola, nei quali i genitori sono pienamente rappresentati, deliberassero di sospendere le attività per un certo numero di giorni durante l’anno scolastico, la Scuola è ovviamente tenuta a recuperare il numero di ore relativo ai giorni di lezione non svolte. Ad una analisi superficiale, sembrerebbe che fra giorni e numero di ore relative si stia parlando della stessa cosa, ma la differenza comincia ad apparire quando si nota chenessuna norma obbliga a che le ore perse nei “ponti” vengano recuperate in precisi momenti della giornata, come pretende l’ignoto estensore della nota della RegioneLazio basandosi passivamente sulla circolare emanata dalla Regione stessa e che parla di un “orario scolastico” mai citato nella Legge dello Stato. Quindi, nessun obbligo prevede il recupero delle lezioni durante la mattina, la sera o la notte, fermo restando, ovviamente, l’obbligo che il monte ore di lezione totali non sia mai inferiore al limite minimo che, secondo quanto si legge sul sito del MIM: <<Nella scuola secondaria di primo grado, l’orario annuale personalizzato obbligatorio prevede un totale di 990 ore, basato su un calcolo di 30 ore settimanali per 33 settimane di lezione.>>. Se non ci si limita ad uno “scambio” di giorni, ma si considerano le ore, si può prevedere il recupero del tempo “non lavorato” a causa dei “ponti”, facendo svolgere attività didattiche in qualsiasi orario, anche pomeridiano o serale se approvato dal Collegio dei docenti e dal Consiglio di Istituto, allo scopo di stimolare quelle attività, quali uscite didattiche per visite, concerti, conferenze, spettacoli teatrali; recite e saggi natalizi e di fine anno, feste serali socializzanti, Presepi viventi, mercatini eccetera, che rendono più innovativa ed accattivante, quindi più efficiente, la didattica, migliorando il servizio offerto agli studenti con lezioni comprendenti attività didatticamente valide, ma normalmente impossibili da retribuire a causa della scarsità dei fondi disponibili. In sintesi, con questa modalità, non solo si recuperano le lezioni non svolte, ma soprattutto si ha la possibilità di ricompensare chi normalmente effettua attività didattiche formative extra non remunerate e, nel contempo, stimolare a svolgerle chi normalmente resta in classe rendendo meno varia la didattica e, quindi,meno accattivante e meno efficiente. Ma in questo modo si rischia di rendere più “svegli” i ragazzi ed allora è meglio non introdurre alcuna novità e fare i burocrati rispettando le circolari e non la Legge. Sorvoliamo poi su un fatto specifico, di cui la Regione giustamente si disinteressa, cioè che molte scuole adottano una strategia opposta. Il loro calendario prevede un inizio delle lezioni anzitempo per bilanciare i “ponti”. Nulla di male, se non fosse che le cattedre ad inizio anno non sono “coperte” (sorvoliamo sulle motivazioni) e, pur di non assumere supplenti, i dirigenti fanno svolgere un orario ridotto delle lezioni in nome del risparmio della spesa pubblica, a detrimento del diritto allo studio e della cultura dei futuri cittadini italiani. Risultato: questi dirigenti formalmente hanno rispettato il burocrate servo del potente di turno (tanti giorni hanno chiuso e tanti ne riapriranno), ma contemporaneamente avranno turlupinato i cittadini,ledendo il diritto allo studio dei loro figli (si chiude la scuola per un certo numero di ore di lezione,ma se ne fanno recuperare molte meno). Ma tanto sono figli di altri e facendo svolgere meno ore di lezione li si fa “fessi e contenti” e che vada alle ortiche il loro diritto allo studio perché meno imparano e meglio è per il potente di turno e per l’ignoto estensore della nota della Regione Lazio.
Riccardo Agresti
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