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La Perdonanza di Celestino, il primo Giubileo della storia a Santa Marinella

Il Prof. Angelo De Nicola, ospite del Comune di Santa Marinella, ha presentato in una gremita Aula Consiliare, la sua ultima opera “La Perdonanza di Celestino – IL PRIMO GIUBILEO DELLA STORIA”, coadiuvato dalle reading della dott.ssa Sabrina Giangrande. In rappresentanza del sindaco Pietro Tidei e dell’Assessore Gino Vinaccia,la Consigliera Paola Fratarcangeli e la Prof.ssa Giovanna Caratelli Delegata alla Biblioteca, presenti gli ex Sindaci Manfredo Ballarini e Giancarlo Silveri, quest’ultimo col ruolo di moderatore.L’evento è iniziato con l’intervento del prof. Livio Spinelli biografo di Papa Pio XII che ha illustrato la presenza e l’importanza di questo Pontefice per la Città di Santa Marinella, non solo dal punto di vista spirituale, infatti è proprio da Santa Marinella che è stato documentato il suo primo miracolo di guarigione, comunicato ufficialmente dal Professore a Papa Francesco, ma anche dall’essere stato il promotore della nascita di questo Comune, la cui data coincise conl’inaugurazione del Grande Giubileo del 1950.

Il prof. De Nicola con i suoi rigorosi studi e ricerche su Celestino V, unici nel suo genere, tradotte in una serie di pubblicazioni, ha inteso rivalutare la figura di questo Papa ricordato ingiustamente come “colui che fece il gran rifiuto”. Nel suo intervento

ha  illustrato, con dovizia di particolari, le tribolate vicende di Fra’ Pietro dal Morrone, natointorno al 1209,eremita,che prima di salire al soglio di Pietro col nome di Celestino V, ha vissuto per lunghi anni in assoluta segregazione e in stato di perpetua penitenza, finchègli apparve in sogno la Madonna, che gli impose di costruire un tempio in suo onore sul “colle madio”, accanto alla neonata città dell’Aquila, che diventerà poi la basilica di Santa Maria di Collemaggio.

Riportiamo di seguito alcuni punti toccati dal professor De Nicola rimandando alla lettura dei suoi libri per i necessari approfondimenti:

Fra’ Pietrosenza aver mai posto la sua candidatura, fu eletto Papa e incoronato all’Aquilail 29 agosto 1294, nella basilica di S.Maria di Collemaggio, da dove emanò una “bolla” con cui concede l’indulgenza plenaria (cioè il perdono da tutti i peccati) a chi, sinceramente pentito e confessato, entri a Collemaggio tra i vespri del 28 e del 29 agosto di ogni anno; un gesto per l’epoca rivoluzionario: è il primo Giubileo della Storia.

Il 13 dicembre, dopo cinque mesi di Pontificato, indisponibile a ogni forma di corruzione e compromesso, si dimette. Morirà il 19 maggio 1926 dopo dieci mesi di segrega zione in Castel Fumone, prigioniero del suo successore Bonifacio VIII. Nel 1313 viene fatto santocol nome di S.Pietro Confessore. Nel 1327le sue spoglie furono portate all’Aquila. Nel 1966 Papa Paolo VI compie un pellegrinaggio a Fumone dove Celestino V fu prigioniero di Bonifacio VIII e scopre una targa in cui si parla delle dimissioni come di “un gesto eroico”.

 Il 28 aprile2009, a 22 giorni dal terribile sisma, Papa Benedetto XVI rende visita, passando sotto la Porta Santa della martoriata basilica di Collemaggio, alle Sacre Spoglie donando il suo pallio. Il 4 luglio2010, a Sulmona in occasione dell’Anno Giubilare Celestiniano per gli ottocento anni dalla nascita dell’Eremita, Papa Benedetto XVI “riabilita” Celestino Ve parla delle dimissioni come di “un gesto di coraggio”.

Il 28 agosto2022 Papa Francesco apre, primo pontefice in oltre sette secoli, la Porta Santa di Collemaggio  ein mondovisione, riabilita definitivamente Celestino V, affermando: «Erroneamente ricordiamo la figura di Celestino V come “colui che fece il gran rifiuto”, secondo l’espressione di Dante nella Divina Commedia; non è stato l’uomo del “no”, ma l’uomo del “sì”, un testimone coraggioso del Vangelo, perché nessuna logica di potere lo ha potuto imprigionare e gestire. In lui ammiriamo una Chiesa libera dalle logiche mondane e pienamente testimone di quel nome di Dio che è la Misericordia». Altro che il vile di dantesca memoria!

La Perdonanza dell’Aquila, il principale evento dell’Abruzzo, è uno dei più conosciuti in campo nazionale per via del suo valore universale di spiritualità. Una ricorrenza che non si è mai interrotta: pestilenze, pandemie, terremoti… nulla ha mai fermato la rievocazione del “Dono” che Papa Celestino V fece. Un gesto rivoluzionario perché le Indulgenze Plenarie, ovvero il perdono da tutti i peccati, all’epoca bisognava lucrarle, cioè pagarle. Per l’UNESCO: «La Perdonanza Celestiniana, festa tradizionale originariamente ispirata da Papa Celestino V che emanò una “storica Bolla”, atto di sodalizio tra comunità locali nei valori di pace e solidarietà, è patrimonio culturale immateriale quale insieme di pratiche rituali e festive tramandato ininterrottamente dal 1294. Esprime forte senso di continuità e identità culturale per l’intera comunità coinvolta.”

La Perdonanza nonostante il definitivo riconoscimento da parte di Papa Francesco, primo Pontefice della Storia è una festa laica (sembra paradossale ma è così: l’UNESCO, organismo multireligioso, non avrebbe mai dato tale riconoscimento al perdono cristiano) -oltre quelli che l’hanno rilanciata in epoca moderna- ha due “padri”:

Dante Alighieri e Ignazio Silone. Dante per aver creato il “mito” di Celestino con quel benedetto-maledetto verso del Terzo Canto dell’Inferno sul “gran rifiuto”.

Ignazio Silone, per aver rilanciato il “culto laico” di Celestino V facendone un eroe (altro che vile!), nella seconda metà del Novecento, con la sua “Avventura di un povero cristiano”. Scrive Silone: “le stranezze di Celestino si moltiplicano fino al rifiuto di benedire la guerra. Alla richiesta del vescovo dei Marsi di un privilegio alla nuova chiesa di Santa Maria della Vittoria, a Scurcola Marsicana, Celestino V sbotta: ‘Santa Maria della Vittoria? Di quale vittoria si rende onore alla Madre di Dio?’. All’aiutante del re che lo invita a benedire le truppe in partenza per la guerra risponde con fermezza: ‘Ve lo ripeto una volta per sempre: non posso benedire alcuna impresa di guerra’.” Per Celestino V il Perdono è tutto: è l’“anticamera” della pace, quella pace nominata ben venti volte nel primo discorso di Papa Leone XIV.

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