Sarebbe profondamente ingiusto addossare alla nuova proprietà tutta la colpa della triste retrocessione del Ladispoli che sprofonda in Promozione dopo 17 anni. Ora che il fallimentare epilogo del campionato è matematico, crediamo sia il momento di tirare alcune considerazioni ed effettuare un excursus di tutti gli avvenimenti che hanno contribuito ad un esito che da anni era nell’aria. Eh sì, perchè questa è una retrocessione parte da molto lontano. Esattamente da quando il club fu ceduto dal presidente Paris che aveva avuto il merito di portare il Ladispoli in Serie D a giocare con società blasonate come Avellino, Latina e Turris. E stiamo parlando di appena cinque anni fa. Era la squadra del mister Pietro Bosco che, per un crudele scherzo del destino, è oggi seduto sulla panchina nel momento della retrocessione e dell’amarezza. Sia chiaro, il tecnico ha poche responsabilità, è stato chiamato in corsa, non poteva fare di più con un organico troppo giovane ed inesperto per affrontare un campionato di Eccellenza in cui militavano corazzate come Valmontone, W3 Maccarese, Civitavecchia, Tivoli, Rieti, Viterbese e Colleferro. Club che hanno investito fior di quattrini nella stagione in cui non c’era più l’obbligo di schierare gli under. Tutto il contrario del Ladispoli che ha affrontato la stagione con tanti volenterosi ma inesperti giovanissimi. Ma come dicevamo, questa retrocessione amara, brutta e spietata non è figlia di questa tribolata annata. Quando il presidente Paris cedette ad altri il timone della società si comprese quasi subito che il cammino sarebbe stato irto di difficoltà. Salviamo solo la parentesi in cui il Ladispoli, allenato da Marco Scorsini, senza lo scoppio della pandemia avrebbe probabilmente vinto il campionato di Eccellenza. Era la società di personaggi esperti e competenti come il vice presidente Barbara Del Greppo, il direttore generale Gioacchino La Pietra, il direttore sportivo Claudio Carelli, con una squadra di primissimo ordine che, anche nel mini torneo surreale dopo il Covid, arrivò seconda in classifica, sfiorando la promozione in Serie D. Poi le tenebre e l’incompetenza avvolsero lo stadio Sale. L’ex presidentessa, priva dello scudo di personaggi competenti e professionali, iniziò ad affidarsi ad improvvisati dirigenti, figuranti impreparati, una corte dei miracoli che fu l’inizio della fine per il Ladispoli. Nel frattempo, anche i gruppi organizzati di tifosi, gli storici Ultras Torre Flavia, decisero di disertare gli spalti in dissenso con la società. Una salvezza acciuffata all’ultima giornata contro il derelitto Grifone Gialloverde che perse 30 gare su 30 fu il primo campanello d’allarme che i tempi della gloria erano finiti. Tra ripetuti cambi di allenatore, ambiente nervoso, scene da far west e tanti giocatori che si rifiutavano di venire a Ladispoli, arrivò un’altra sofferta salvezza con lo spareggio vinto solo nei tempi supplementari contro il Città di Cerveteri dei ragazzini che peraltro al 93° fallì la clamorosa occasione del successo. Nemmeno lo scampato pericolo convinse l’ex proprietà a sbattere fuori i cattivi e violenti cortigiani, lo scorso anno altro campionato di enorme sofferenza, ci volle tutta la perizia dell’esperto mister Lillo Puccica per approdare al play out vinto a Villalba. Nel frattempo, squalifiche di dirigenti, aggressioni alla stampa, totale disamore della città verso la squadra di calcio, evidente distacco anche da parte degli amministratori comunali. Quando a luglio del 2024 è arrivata la nuova proprietà, gli imprenditori romani hanno dovuto ereditare una situazione allo sbando, trovando un club etichettato come un saloon di rissaioli dove volavano computer e televisori, dove si alzavano le mani, dove nervosismo e prepotenza avevano indotto tante famiglie a togliere i figli dal settore giovanile. Con questi presupposti l’attuale proprietà del Ladispoli aveva davanti una missione impossibile, sia dal punto di vista organizzativo che per ricostruire l’immagine di un club che qualche personaggio da becera bettola aveva calpestato dopo oltre settanta anni di gloriosa storia. La dirigenza ci ha provato, in corsa ha chiamato il mister Bosco a tentare il miracolo, ma la retrocessione era un finale già scritto, non era davvero l’anno giusto per tentare l’avventura con i giovanissimi. Nessuno è ovviamente innocente, ma questo sprofondare in Promozione peserà soprattutto sulla coscienza sportiva di chi dal 2020 al 2024 ha trasformato un club glorioso in un far west indecoroso ed indegno. Ora gli occhi dei pochi tifosi rimasti a seguire il Ladispoli sono naturalmente puntati sul futuro. A settembre si dovrà affrontare un campionato di Promozione dove navigheranno corazzate vere e proprie, occorrerà costruire un organico da altissimo livello per non vivere una stagione mediocre e priva di prospettive. Secondo alcune indiscrezioni la dirigenza vorrebbe ripartire con un allenatore proveniente da Ciampino che vanta esperienza nel settore giovanile. Con il massimo rispetto poniamo però una domanda: siete proprio sicuri che Pietro Bosco e buona parte dell’attuale rosa non potrebbero essere in grado, con adeguati rinforzi, di lottare per il vertice? Sempre ammesso che si voglia lottare per il vertice…
Gianni Palmieri

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