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La Santa Maria Maddalena di Caravaggio e il tema dell’estasi mistica tra Seicento e Settecento

di Francesco Caracciolo (Storico dell’arte)

La Santa Maria Maddalena di Caravaggio, dipinto molto dibattuto dalla
critica negli ultimi decenni, costituisce nell’ambito del cospicuo
patrimonio iconografico della pittura di tutto il Seicento, il precedente
figurativo di primaria importanza per comprendere a fondo la genesi
della tensione drammatica e sensuale da cui deriverà la raffigurazione
dell’estasi mistica nelle pale d’altare del periodo barocco. Il dipinto di
Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio, conosciuto attraverso
numerose copie (per lo più eseguite da copisti del Seicento, tra cui
Louis Finson), ma di cui esiste una versione di grande qualità, la
cosiddetta Maddalena Klein (fig. 1) in collezione privata, la quale viene
annoverata tra le poche candidate ad essere accolte nel catalogo tutt’ora
molto controverso di Caravaggio. Sulla scorta delle fonti dei più
eminenti biografi del pittore lombardo , quali il Mancini e il Bellori, la
Maddalena in estasi venne dipinta nel 1606, durante la sosta nei feudi
dei Colonna, dove l’artista ormai fuggiasco trovò ospitalità per evitare
la condanna a morte in contumacia che gravava su di lui dopo
l’assassinio di un suo rivale al gioco della pallacorda, un tale Ranuccio
Tomassoni, fatto di sangue avvenuto il 28 maggio dello stesso anno.
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Caravaggio dipinse una figura di Maria Maddalena in atteggiamento
estatico, rappresentata di tre quarti con i capelli rossi sciolti e le mani
intrecciate. La testa appare riversa, gli occhi socchiusi e la bocca
ansimante, mentre le lacrime le scorrono sul volto contratto in uno
spasmo di dolore e di afflizione profonda. La Maddalena indossa una
camicia bianca così discinta da farle intravedere sia il petto che le
spalle; il vestiario della santa è completato da un mantello di un rosso
molto vivo che avvolge gli arti inferiori e parte della roccia sulla quale
poggia il braccio sinistro della santa. La postura assunta dalla figura
contratta dal dolore e l’atteggiamento di prostrazione ed estremo pathos
saranno il punto di partenza di tutta quella raffigurazione delle sante in
meditazione o in estasi che caratterizzeranno la pittura europa tra
Seicento e Settecento con degli esiti altissimi raggiunti in pittura da
Carlo Saraceni e da Simon Vouet (fig. 2), nonchè dal Bernini e dalla
scultura napoletana settecentesca nell’ambito della produzione
scultorea. In merito al dipinto caravaggesco, Mia Cinotti afferma nel
1971 che quest’invenzione (assolutamente originale e inedita nel
panorama figurativo dei primi anni del Seicento) della santa assopita
sarà di grande importanza per lo sviluppo del tema fra i pittori del Nord
Europa. Aggiunge, inoltre, che il Caravaggio esprimerà una tendenza
alle raffigurazioni dell’isolamento ascetico, in parte riscontrabile anche
nel bellissimo dipinto del San Francesco d’Assisi in estasi (fig. 3) di
Hartford. Caravaggio stravolge la classica iconografia della Maria
Maddalena, mostrando la santa oppressa dal peso del peccato e
ritraendola già convertita, immersa in una contemplazione estatica come
rivelano la fronte corrugata, gli occhi come stravolti, le labbra socchiuse
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e le dita intrecciate. Nella cultura cristiana l’estasi mistica è vissuta in
genere come un rapimento improvviso della propria anima ad opera
dello spirito santo, una condizione in cui il pensiero è pervaso da
un’entità sovrannaturale, divina. In tale stato si determina
un’alterazione, della percezione spazio-temporale e dei processi
sensoriali con conseguenti reazioni di paralisi piuttosto che di
allucinazioni, interpretate tutte come l’effetto dell’invasione di Dio nel
proprio spirito. Queste manifestazioni incarnano simbolicamente gli
episodi evangelici del Calvario di Gesù quali la flagellazione e la
crocifissione, rappresentando compiutamente il modello ispiratore di
tutte le manifestazioni somatiche dei grandi mistici. La fenomenologia
dell’estasi è sovente accompagnata da intense prostrazioni corporali e
piaghe che testimoniano le sofferenze patite da Cristo, classificate dagli
studiosi come malattie mistiche. Tra le manifestazioni più eclatanti
ricordiamo le stimmate che compaiono sulla fronte come se si trattasse
di ferite provocate dalla corona di spine o addirittura in grumi di sangue
su alcune parti del corpo quali il costato, le mani e i piedi. Questi segni
della passione possono assumere forme differenti come croci, cuori e
ostie oppure compaiono sotto forma di semplici arrossamenti sulla
pelle; talvolta, la fuoriuscita di sangue ha una cadenza ciclica, in
relazione al venerdì santo. Il primo santo a cui comparvero le stimmate
fu San Francesco d’Assisi, patrono d’Italia, mentre si trovava sul Monte
della Verna, precisamente il 14 settembre 1224. Una profonda
espressione di estasi mistica è ravvisabile nella grande pala del San
Francesco in estasi sostenuto da un angelo (fig.4) del 1729, un olio su
tela centinato di cm 379 x 188, capolavoro di Giambattista Piazzetta,
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attualmente ubicato presso i Musei Civici di Vicenza; restaurata nel
1911, la tela proviene dalla chiesa dell’Aracoeli, sull’altare che si trova
nella parete a sinistra ,entrando dal portale maggiore. Si sa che il dipinto
venne rimosso per essere sistemato nel coro, dietro il presbiterio dove
ha sofferto molto i danni dell’umidità: addirittura lo storico Sebastiano
Rumor (1914) testimonia che prima di questo intervento di restauro la
tela era così ossidata che non si riusciva a scorgerne il soggetto. L’opera
mostra una notevole affinità compositiva con la pala di San Vitale a
Venezia raffigurante l’angelo custode con i San Luigi Gonzaga e
Sant’Antonio da Padova, soprattutto nell’andamento zigzagante delle
figure che sembrano levitare in cielo ma anche nella strordinaria forza
drammatica: il Piazzetta mette in scena un dramma shakespeariano con
una straordinaria regia compositiva e una tensione emotiva che non
trova riscontro nella coeva produzione artistica veneziana. In basso,
s’intravede una figura di frate immerso nella lettura, senza ombra di
dubbio trattasi di Frate Leone, biografo di San Francesco. Dall’altra
parte il Piazzetta ha inserito un cranio, una sorta di memento mori ,visto
di scorcio e fortemente illuminato. Le tonalità brune presenti nella pala
sono rischiarate da alcuni brani di assoluta poesia in pittura che si
traducono in forti bagliori di luce ravvisabili nel manto del grande
angelo dalle ali spiegate che sta sorreggendo San Francesco e nel panno
con cui questi tampona le stigmate nel costato. L’estremo ardimento
spaziale procura la sensazione di caduta e di vertigine. Leslie Jones ha
osservato nel 1982 che in questo dipinto il Piazzetta fonde due episodi
della vita del santo di Assisi : l’estasi mistica e la stigmatizzazione.

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