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Life in a glasshouse, il racconto di Mauro Coni per i lettori di Ortica Social

di Mauro Coni 

Kapri viveva in una casa di vetro. Il tavolo era di vetro; le sedie di vetro; le mura di ogni singola stanza erano di vetro. E attraverso vedeva rami di vetro con foglie di vetro su cui sostavano passeri, anch’essi di vetro.

Intorno, a perdita d’occhio, strade di vetro, su cui sfrecciavano auto di vetro. Lunghe limousine, scintillanti, trasparenti, che riflettevano e ridisegnavano un universo di vetro. Di notte sognava bestie di cristallo, che danzavano frenetiche in un bosco di vetro. Ogni superficie era uno specchio; ogni cosa esterna riportava la sua effigie. Non c’era nulla aldifuori di lui. In questo mondo di vetro c’erano libri di vetro, su cui minuscoli segni lasciavano flebili scie luminose, che noi chiamiamo concetti. La molecola del vetro era a sua volta fatta di vetro, rigonfia di atomi in vetro e fasci di quark. La casa rimbombava, quando scendeva in cucina; c’erano Madre-di-vetro e Padre-di-vetro, sempre sorridenti e indaffarati. Fuori il vuoto, cieli in perenne tramonto, solitudine e silenzio. Un giorno, nei cespugli dietro casa, vide una volpe. La volpe lo fissò per qualche secondo e poi corse via. Non era di vetro. Aveva una strana texture, una sorta di massa compatta che esprimeva il dentro e non rifletteva il fuori. Quell’essere non esisteva, era un inganno della sua mente. Eppure ogni giorno sbucava da qualche parte per farsi vedere da lui. Madre e Padre sorridevano, imbambolati. Non c’era nessuna volpe, secondo loro. Un giorno la invitò ad entrare: voleva vederla da vicino. Lasciò la porta aperta e si sedette sul divano. Dopo un po’ la volpe entrò, un turbine di energia. Correva per il salone, saltellava facendo un buffo verso. Il ragazzo era estasiato, per la bellezza della sua pelle, l’unicità del suo aspetto. La volpe sbatté contro una colonnina, su cui stava un vaso di vetro. Fu come al rallentatore: il vaso cadde, si ruppe, infranse la casa, la città, la Terra. Kapri si svegliò nel suo letto. Era tornato, senza saperlo, alla realtà

 

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