Questa volta l’ artista Pietro Sarandrea esce sia dall’astrattismo puro che dall’ action painting che hanno per lo più contraddistinto la sua produzione dell’ ultimo periodo aprendo un nuovo capitolo in un’ attività creativa multiforme che in realtà scandisce e registra tappe e dilemmi della sua vita interiore.Questo quadro nasce su ispirazione del ‘’ Davide e Golia ‘’ in cui la testa mozza di Golia è l’ autoritratto dell’ autore che è Caravaggio e non a caso, nella propria vita temeraria e violenta Caravaggio avverte lo stesso rischio di inesorabile sconfitta del gigante Golia e con questa rappresentazione tenta di esorcizzarla attraverso una simbolica auto espiazione. Non c’ è angoscia nel volto del gigante, ma quasi una fatalistica rassegnazione ; non c’ è trionfalismo bellicoso in Davide la cui efebica grazia sembra anzi catturare il consenso di Golia al proprio destino. E’ tale problematica rappresentazione che ha ispirato al pittore Sarandrea un’ altrettanto problematica composizione intitolata appunto ‘’ Omaggio a Caravaggio ‘’. Balza all’ occhio un’ immagine che pare femminile, ma i lineamenti del volto a ben guardare sono gli stessi della testa mozza che pende dal braccio sinistro della figura in linea con il pugnale ormai inerte alla sua destra . Anche qui la testa mozza è quella dell’ autore che è Sarandrea.
Che cosa può significare una simile interpretazione – perché tale intende essere – dell’ opera di Caravaggio ? Qui non ci sono due persone, il vincitore Davide e il vinto Golia decapitato; c’ è una sola figura integra ma trasfigurata in femmineo con la propria testa decapitata. E’ un suicidio simbolico, il proprio vecchio ‘’ Se ‘’ rinnegato, un ‘’ Se ‘’ in cui Sarandrea vede l’ archetipo del Golia: la forza prevaricante della mascolinità dissociata dal femmineo, la superbia dell’ invincibilità, la vanità che non conosce ancora gli abissi dell’ umiliazione ma che nell’ ostentazione della testa mozza diventa una forma di espiazione. La figura similfemminile è Davide che sconfigge Golia in una tenzone che si consuma nell’ intimo più dell’ inconscio che della coscienza.
Ma non basta; il simbolismo quasi costituzionale di Sarandrea non si accontenta. Si osservi con attenzione lo sfondo, si misurino anche le dimensioni del quadro ( cm 50 x cm 81, il cui rapporto è il numero aureo che i matematici definiscono ‘’ irrazionale trascendente ‘’ ) e allora ne scaturiranno altri chiarimenti . La composizione risulta particolarmente armoniosa in ogni sua parte non a caso : c’ è dietro infatti l’ irrinunciabile matematismo pitagorico che rinvia al suo enigmatico quadro – simbolo del 2015: ‘’ Alchimia aurea ‘’. Il geometrismo là astratto e puramente simbolico diventa la cornice discretissima da cui traggono il vero senso la figura che i dettagli. La testa della figura è posizionata al vertice del triangolo rettangolo ( il rettangolo perfetto dimezzato ) le cui dimensioni ( cm 30, 40, 50, in cui 50 è il lato minore dell’ intera tela rettangolare ) rinviano alla base delle famose terne pitagoriche, simbolo del matematismo perfettamente razionale della scuola pitagorica. Lo stesso archetipo era nella parte superiore di ‘’ Alchimia aurea ‘’ e di una sua variante successiva, vera origine dell’ intera costruzione geometrica che però, esitando nella sua parte inferiore in un pentagono regolare, produce quel gioco di sezioni auree che in un punto preciso escono dal geometrismo razionale rettilineo per dare origine alla spirale della vita. La matematica la descrive in termini di rapporti irrazionali rinvianti sempre al numero aureo, cioè al rapporto fra i due lati ( cm 51 x cm 81 ) della tavola pittorica in cui è inserito il dipinto, il cui lato minore ( cm 50 ) è …. anche l’ ipotenusa del ‘’ triangolo perfetto ‘’ in alto, generatore dell’ opera. Ma qui mi arrendo al mistero sia esoterico che matematico del rapporto tra archetipo e realtà , tra razionale e irrazionale limitandomi a sottolineare il simbolismo implacabile e inafferrabile delle opere recenti di Sarandrea.
Nell’ opera attuale la spirale emerge da un punto anche qui invisibile ma corrispondente a una sporgenza della veste rossa sul lato sinistro della figura per risalire poi verso il triangolo generatore in alto.
La trasmutazione determinata dalla decapitazione del Golia interiore ha dunque prodotto il femmineo generatore di vita in antitesi sia con la morte che con il male? La figura similfemminile domina infatti anche la pericolosa ambivalenza del pentagono irraggiandolo della luce superiore proveniente dal triangolo generatore in cui è immerso il suo volto, vero protagonista della composizione.
Irma Latina
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