di Ugo Russo
Sono passati più di tre anni ma sono ancora vivissimi il ricordo e quelle sensazioni uniche provate quella mattina nella sala Nervi in Vaticano, quando, con la mia Franca, mia moglie, fummo baciati dal privilegio di poter passare alcuni minuti con Sua Santità FrancescoE ora che se n’è andato é rispuntata nitida la visione di quei toccanti momenti. Socio onorario della L.I.B.A. (acronimo di Legends Italian Basketball Association), fui invitato assieme ad una buona rappresentanza di questa organizzazione dal Papa perché, tra l’altro, era stata fatta da tempo domanda, in occasione dei 100 anni della Federbasket, per andare e portare oggetti importanti e di un certo significato al Pontefice (alcune rare pubblicazioni, una maglia, un pallone firmato da tutti e che nomi, la storia della pallacanestro italiana e mondiale: Meneghin, Riva, Marzorati, Merlati, Brunamonti, i fratelli Boselli, Corbalan, De Simone, e ne scordiamo tantissimi anche per esigenze di spazio nell’articolo). In quell’occasione ribadì quanto aveva affermato altre volte, che sì, parlando di sport, era tifoso della squadra calcistica argentina del San Lorenzo, ma che la disciplina agonistica che prediligeva era proprio il basket “perché si può trattare la palla con le mani, in tal modo potendo guardare il cielo”.
Qualche baciamano e foto ricordo e tutto sembrava essere finito lì, visti i tanti impegni che oberavano anche quel giorno Papa Francesco. Ma ero entrato nell’ottica che non poteva bastarmi, non me ne sarei mai andato da quel posto, e con Simile Compagnia, che improvvisamente mi era sembrato incantato, con una commozione che mi pervadeva e saliva, sempre maggiore, minuto dopo minuto. Il Santo Padre parve d’incanto aver capito quella necessità che avevamo io e mia moglie di vivere ancora del tempo assieme a lui e, quasi a suggerircelo, ci fece capire di aspettarlo e di andarcene solo noi due in uno spazioso angolo della sala; ci raggiunse poco dopo per spendere minuti meravigliosi assieme. Con uno splendido sorriso che irradiava il suo volto, con cui mascherava le sue concrete sofferenze (anche allora apparve stanco, avendo molta difficoltà a camminare per i forti dolori ai piedi) ci raccontò cose bellissime con lo scopo di infonderci grande forza e tranquillità, ma quello che risultò stupefacente fu che con le due mani tenne le nostre in un tempo che sembrò non finire mai. Una presa che ci fece decollare, rimanemmo quasi imbambolati, estasiati a guardarlo negli occhi; anche io e Franca proferimmo alcune frasi, in ogni caso non riuscendo a dirgli tutto quello che avremmo voluto. Però quegli sguardi significarono più di mille parole e lui ci congedò dicendo che avrebbe vigilato sulla nostra famiglia, garantendoci il suo aiuto morale e la sua vicinanza. Il calore di quelle mani, di quel contatto umano funzionò talmente bene che ci sentimmo galvanizzati, quasi con la voglia di volare, spronati da grande serenità interiore. Un incontro che ha dato un’impronta fondamentale alla mia esistenza. Sabato alle 10 ci saranno i funerali, parteciperanno, non tutti, i potenti della terra che saranno, soprattutto gli assenti, importanti per i ruoli che rivestono ma poverissimi di spirito e assolutamente privi di valori. Qualcuno ha scoperto improvvisamente di sentirsi ferito per quanto Francesco ha predicato ponendo l’accento sul loro modo becero di governare.
Intanto, Caro, sei già volato in cielo dove ad attenderti a braccia aperte hai trovato Il Signore Misericordioso che ti avrà guidato in quello che sarà il tuo posto in Paradiso. Ci hai sempre detto: “E non vi dimenticate di pregare per me”; ora dovrai essere tu a farlo per noi, alleviandoci le difficoltà di questa vita che sarà ancora più ardua senza di te. Tu che hai dato una bella lezione a Benedetto XVI che è rimasto soltanto Papa emerito ma di fatto è campato altri dieci anni dopo essersi dimesso dall’essere operativo: uno che viene eletto Papa è una persona scelta, particolarmente fortunata dal dover rappresentare Dio in terra e fino all’ultimo giorno della propria esistenza deve espletare al meglio la sua missione apostolica pur stando malissimo. Giovanni Paolo II è stato malissimo, tu hai sopportato sofferenze inenarrabili ma fino alla fine siete voluti rimanere al servizio dei fedeli. Quell’ultimo giro di Piazza San Pietro è stato una cosa che rimarrà per sempre come le tue ultime parole all’infermiere che ti aveva accudito e ti aveva permesso di farlo: “Grazie per avermi riportato in piazza”. In mezzo al tuo popolo.
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