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Sitting volley: dalle asperità alle stelle, i mille volti di Flavia Barigelli

È la stella romana del sitting volley nazionale, nel suo curriculum vanta un oro e 2 argenti europei, 2 partecipazioni olimpiche e un’infinità di presenza con la maglia azzurra. Ora, per Flavia Barigelli, si apre un nuovo capitolo, sicuramente diverso, ma comunque stimolante. Infatti, sarà proprio lei il volto di Per aspera ad astra, il progetto del Comitato Regionale FIPAV Lazio che vuole rilanciare la disciplina su tutto il territorio. La ricostruzione del movimento di sitting, di cui il Lazio fu regione guida ai suoi albori, partirà proprio dalle fondamenta: dalla scuola. Attraverso incontri divulgativi e formativi, tornei e borse di studio, l’iniziativa, realizzata con il contributo economico dell’Assemblea Capitolina, ha in primis l’obiettivo di abbattere le barriere sociali e culturali, promuovendo uno sport inclusivo e di squadra come il sitting volley.

Di ritorno da Parigi, è proprio l’opposto azzurro a raccontarsi in un’intervista a tutto tondo in cui la sua personalità pacata, ma ironica emerge senza troppi orpelli. Un vero e proprio viaggio che parte dalle sue esperienze più recenti e che percorre a ritroso la storia di un volto ormai noto del panorama paralimpico.

Partiamo dalla fine, com’è andata la tua Paralimpiade a Parigi?

“Nel complesso è andata bene. Abbiamo migliorato il risultato di Tokyo e pensiamo di aver mostrato la bellezza di questo sport e quanto questa squadra sia cresciuta negli ultimi anni”.

 Ho letto molte interviste in cui lo staff e le giocatrici ribadivano grandi progressi recenti. Cos’è cambiato nell’ultimo periodo?

“Sicuramente il tempo dedicato agli allenamenti, ma anche il fatto, quest’anno in particolare, di poter utilizzare i permessi sportivi grazie ad una nuova legge. Prima di questa, i ritiri e le competizioni si poggiavano sulle ferie personali degli atleti. In uno sport singolo forse si percepisce meno perché vivi e ti alleni nella tua città. Negli sport di squadra radunare tante persone e gestirne il calendario non è banale. I permessi sportivi ci hanno aiutato ad avere ritiri più lunghi, partecipare a competizioni all’estero ed avere tutto il roster a disposizione ci ha aiutato parecchio”.

 La Francia ha dato una risposta incredibile a livello di pubblico. Come avete vissuto quel clima, avendo anche la squadra di casa nel girone?

“Siamo un gruppo solido da diversi anni, al netto di qualche aggiunta. Le ragazze sono sostanzialmente le stesse dal 2018. È la nostra seconda esperienza paralimpica ed eravamo più tranquille da questo punto di vista, anche se a Tokyo il pubblico non c’era. A Parigi la prima partita è stata proprio contro la Francia, qualificata di diritto. Il palazzetto era sold out e il tifo era prettamente francese, ma eravamo nettamente più forti. Poi sai, quel tifo contro ci ha caricate. Il clima è stato pazzesco per tutto il torneo, è un’emozione incredibile. Devo dire però che avevamo avuto tantissimo tifo anche agli Europei di Caorle del 2023, non avevamo mai vissuto un’esperienza di quel tipo”.

 L’Europeo vinto è stato, tra l’altro, il primo titolo arrivato in una delle grandi manifestazioni internazionali

“Sì, è stata la prima volta che il sitting italiano ha vinto un oro europeo. È stato quel titolo che ci ha permesso di accedere alle Paralimpiadi di Parigi”.

 Per il Comitato Regionale sei un punto di riferimento come atleta. Sei pronta per questo nuovo progetto?

“Penso che il Comitato mi abbia sostenuta molto nel mio percorso già dal 2018. Si sono sempre occupati del sitting e, in particolare, di me e del sitting laziale. Penso che il Comitato sia vicino al movimento e sono contenta di essere l’Ambassador di Per aspera ad astra perché voglio far conoscere ai più giovani, magari futuri giocatori, questa disciplina. La mia stagione si apre proprio con il progetto”.

 Perché giocare a sitting?

“In generale è bello poter giocare uno sport di squadra per la possibilità che offre di creare legami solidi e amicizie vere. Non solo, il sitting permette di unire atleti normodotati e non, ti permette di abbattere qualsiasi tipo di barriera. La delegazione di sitting era l’unica rappresentativa italiana per uno sport di squadra presente a Parigi. Il nostro gruppo è stato il primo nella storia del sitting italiano a qualificarsi a una Paralimpiade. Il movimento è molto giovane”.

 È cambiato l’approccio a questo sport?

“Sì, è cambiato dal 2018. Abbiamo partecipato al Mondiale e nessuna squadra si aspettava che l’Italia potesse essere competitiva. Quell’anno siamo arrivati a giocarci l’accesso in finale e non era affatto scontato. Quell’edizione siamo arrivate quarte e da lì abbiamo visto come le altre squadre si approcciavano a noi, abbiamo iniziato a ricevere i primi inviti internazionali. Ora ci tengono d’occhio”.

 Tu hai una disabilità ad un arto superiore, come arrivi al sitting?

“Io gioco a pallavolo da quando ho 12 anni. Un medico sportivo mi suggerì di cambiare sport, ma non ha funzionato. Da lì si è sparsa la voce di una giocatrice romana che usava un braccio solo (sorride ndr) ed è stata la Federazione stessa ad interessarsi. Ho conosciuto il sitting e non ho più smesso”.

 

 

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