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Tubo, tubo delle mie brame…

di Ugo Russo 

“Ce sta sto’ mare, ce so’ li monti, c’è er più bel sole che abbrucia, te coce, t’ariscalla ma sta qua” con queste parole cominciava tanti anni fa (la cantavo io con il mio complesso, dunque risaliamo almeno a due secoli fa…) il brano musicale A Latina per magnificare le bellezze di questa località laziale. Ma, negli anni, qui, come del resto in tutte le parti del mondo,  sono successi tanti casi ed indubbiamente molto più gravi, dal più eclatante al più curioso fino ad arrivare a questo che ci ha incuriosito perché testimonia come, pur di soddisfare un piacere momentaneo, si mette a repentaglio la propria vita e a volte anche quella degli altri. E ti inculcano talmente tanta vergogna che poi non li risolvi. Entriamo nel mondo del sesso estremo e della depravazione, ma che schifo!!! Nelle ultime ore al pronto soccorso del nosocomio “Santa Maria Goretti” di Latina (foto sotto al titolo) si è presentato uno che ha lamentato lancinanti dolori all’addome e ha avuto l’ardire di chiedere: “Cosa ho dottore?”. E’ bastato un esame neanche troppo approfondito da parte dei sanitari dell’ospedale per emettere la sentenza: “Lei ha un tubo di gel lubrificante nel retto” (per dirlo con eleganza, ma avete capito, no? nds). E hanno subito dedotto, i dottori, che l’unica e migliore cosa da fare era intervenire chirurgicamente per estrarre l’oggetto posizionato poco sopra al retto. E non si trattava di un qualcosa di piccole dimensioni, era un vero e proprio tubo che il coso di siffredi poteva assumere dimensioni infinitesimali. Un gioco erotico finito male? L’aver provato per la prima volta ad averlo e non a darlo? Il non saper mai dire basta fino a che l’organo non lo ha fagocitato tutto nel suo interno? Non si sa ma tanto, sputtanato per  sputtanato, si pensava che il tizio capisse la gravità della situazione e collaborasse in pieno per risolverla. Appena, però,  comunicato al paziente l’esito del loro consulto e che era necessario intervenire anche con una certa urgenza è successo quello che i dottori non si sarebbero mai aspettato: l’uomo, approfittando della confusione, ha raccolto i suoi effetti personali, si è rivestito in fretta e si è diretto verso l’uscita dell’ospedale. Hanno cercato di fermarlo, macchè, novello Marcell Jacobs e nonostante…l’intrusione si è dileguato. Lo hanno immediatamente cercato per convincerlo ma fino ad ora non ci sono stati risultati. Tutto il personale del nosocomio ha provato a dare motivazioni al comportamento dell’uomo, “ma il paziente è scappato per l’imbarazzo”. Questa, per il momento, è l’ipotesi più accreditata. Ci venga perdonata qualche battuta sull’argomento ma anche per la salute del soggetto di cui abbiamo raccontato la tristissima storia, la speranza dei sanitari, che facciamo anche nostra, è che l’uomo decida di ravvedersi, di affrontare un intervento chirurgico risolutivo perché a lungo andare le conseguenze potrebbero essere gravissime. Tra l’altro dall’ospedale fanno sapere (e ne abbiamo scritto anche perché sono stati proprio loro a chiedere aiuto ai media per aiutarli a trovarlo) che si tratta di un intervento di routine ma passando troppo tempo, lo ribadiamo, ci sarebbero ripercussioni molto pericolose. Non è la prima volta che negli ospedali del Lazio arrivano pazienti con oggetti particolari all’interno del corpo. Però, per cortesia, finitela con questi giochetti; riscopriamo, piuttosto (certo, fin che uno gliela fa…) il sesso tradizionale senza equilibrismi particolari.

TUTTI DOPATI… APPASSIONATAMENTE  E’ accaduto in spagna, esattamente a villena, in una gara di ciclismo amatoriale. Centoottantadue partenti. Ad un certo punto, all’incirca a metà percorso, si è sparsa la notizia che all’arrivo ci sarebbe stato il controllo antidoping per tutti. Nel giro di un chilometro, chi per finte forature o per altri guasti meccanici mai accertati, chi per malanni fisici, improvvisi giramenti di testa e metteteci voi quello che volete,  centotrenta (!!!!!) hanno abbandonato la corsa. Morale della favola sono stati cinquantadue quelli che l’hanno terminata. La cosa ha lasciato sgomenti pensando a quanto il doping sia una piaga sempre più allargata nel mondo dello sport, dove, anche per semplice voglia di prevalere, pur in contese lontane dall’agonismo professionistico, non si pensa più di salvaguardare il proprio fisico anzi non importa far del male alla salute. Per fortuna in spagna c’è la Celad (Commissione spagnola per la lotta contro il doping nello sport) che si è subito affrettata ad emettere un comunicato: “Vogliamo inviare un messaggio chiaro a tutti i partecipanti e agli appassionati di ciclismo, il doping non ha posto nel nostro sport”. Per fare una battuta e dirla come il poeta Luigi Mercantini ne’ La spigolatrice di Sapri: eran 300 (130, in questo caso), giovani (neanche tanto…) e forti (fatti, meglio) e sono morti (scappati).

Tutto questo scontra con una notizia giunta dal sudafrica dove una diciassettenne, Jessie Munton (nella foto), campionessa delle due ruote di quella parte del mondo, già vincitrice di varie corse nazionali, è in coma da due mesi per essere stata investita da un automobilista ubriaco. Lei sì che ha da sempre escluso la parola droga dalla sua vita, ma il destino ha tante facce. La sua famiglia è disperata e si è rivolta a tutte le istituzioni. Scrive il fratello, sul portale dedicato alla raccolta fondi: “Datele una speranza. Jessie sta lottando per la sua vita con un grave danno cerebrale.  La strada verso la ripresa è lunga e difficile. I costi elevati delle cure specialistiche rendono tutto ancora più difficile”. Abbiamo voluto raccontare questa storia anche pensando a quello che, per contro, rischiano i ciclisti quando si mettono “su strada”. Tornando al doping nello sport, è il caso di dare una speranza a tutti purché si faccia ogni cosa per debellarlo; a quelli che credono ancora allo sport pulito; a quelli che non penserebbero mai che possa esserci pure in una gara amatoriale nata, magari, tanto per passare una giornata allegra, all’aria aperta, dove, se vinci o perdi, trovi decine di nuovi amici con i quali a fine gara ti ritrovi sotto una fraschetta a bere e mangiare assieme; a quelli che pensano che ci siano solo allenatori e preparatori che fanno un lavoro pulito e  non possano mai essere i primi a consigliarti… E non inganni che non si senta più parlare di doping nel professionismo (a parte qualche rarissimo caso in cui assumono sostanze fuori dagli ambienti dove svolgono attività agonistica) perché non si sa più se vengono svolti test alla fine delle competizioni. Ad esempio, sapete se nel calcio c’è ancora il controllo antidoping al termine delle partite?

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