di Ugo Russo
Dopo quasi un decennio di stallo, il parlamento europeo ha approvato in via definitiva tutti i dieci provvedimenti che compongono il patto per le migrazioni e l’asilo. Una sorta di rivisitazione del trattato di dublino. La votazione, il cui esito non era scontato fino all’ultimo, arriva al termine del lavoro negli ultimi quattro anni e dopo il tentativo fallito nella passata legislatura di riformare la gestione dell’asilo e della migrazione. Ora passerà al consiglio per l’ok definitivo. Questo patto è volto, in teoria, a facilitare l’accoglienza dei richiedenti asilo e a favorire il rimpatrio celere di coloro che non hanno il diritto di restare in europa. Gli stati membri potranno scegliere tra ricollocare i richiedenti asilo nel loro territorio o versare contributi finanziari. Il calcolo del contributo di ciascuno stato si basa sulla dimensione della popolazione (50%) e sul suo pil (50%), mentre ogni Paese è libero di decidere il tipo di contributo o una combinazione di questi. Il nuovo regolamento, come concordato, fissa la soglia minima per i ricollocamenti a 30mila richiedenti e il contributo finanziario a 600 milioni di euro. Ci credete voi? E poi seicento milioni per trentamila migranti significano ventimila euro a migrante, ma per mantenerlo quanto? Questo si stabilisce a vita! Prima di arrivare alle considerazioni sull’accordo siglato nei giorni scorsi entriamo nei dettagli dello stesso. Cosa (dovrebbe) prevede(re) – scusate ma quando sono decisioni dell’europa, con tutte le inchiappetete (per dirla alla banfi) che abbiamo preso è logico essere, o quanto meno partire, diffidenti-: il nuovo patto riforma l’attuale sistema di gestione delle politiche migratorie che negli ultimi anni costantemente si è rivelato non all’altezza delle sfide. Il pacchetto comprende nove atti legislativi.
La normativa sulla gestione dell’asilo e della migrazione è l’elemento principale e dovrebbe prendere il posto del regolamento di dublino, che stabilisce norme per determinare quale stato membro è competente per l’esame di una domanda di asilo. Per bilanciare l’attuale sistema, in base al quale pochi stati membri di ingresso (tra cui l’Italia) sono responsabili della stragrande maggioranza delle domande di asilo, prevede un nuovo meccanismo di solidarietà obbligatorio. Come scritto, per aiutare i paesi sottoposti a forte pressione migratoria, altri stati membri potranno scegliere tra ricollocare i richiedenti asilo nel loro territorio o versare contributi finanziari (dà loro pure la scelta!). In caso di impegni di ricollocamenti insufficienti, uno stato membro beneficiario può chiedere agli altri stati membri di assumersi la responsabilità di esaminare le domande di protezione internazionale delle persone che devono essere rimpatriate nello stato membro beneficiario, invece di contribuire con i ricollocamenti. Il secondo step è il regolamento sulla procedura di asilo che stabilisce una procedura comune a livello dell’uè uè sciù sciù per la concessione o la revoca della protezione internazionale, in sostituzione delle diverse procedure nazionali. Contiene norme sulla procedura di frontiera che consentono una rapida valutazione alle frontiere esterne se le domande sono infondate o irricevibili. L’obiettivo è rendere le procedure di asilo e di rimpatrio alle frontiere più rapide ed efficaci, fino a 12 settimane. Permetterà di accelerare il trattamento delle domande di asilo (fino a sei mesi per una prima decisione) e di prevedere termini più brevi per le domande manifestamente infondate o inammissibili. I richiedenti asilo le cui richieste vengono respinte dovrebbero essere rimpatriati in meno di 12 settimane (e vi pare poco?). Le persone considerate un pericolo per la sicurezza nazionale o l’ordine pubblico, o se il richiedente ha ingannato le autorità presentando false informazioni sulla identità o sulla nazionalità, e quelle provenienti da paesi con tassi di riconoscimento dell’asilo inferiori al 20% saranno sempre soggette alla procedura di asilo alla frontiera immediatamente dopo lo screening. Sono esclusi dalla procedura i minori non accompagnati a meno che non rappresentino un pericolo per la sicurezza (e chi lo può giudicare? Quanti casi…). Tra le altre disposizioni, è prevista la creazione di centri di accoglienza nel paese di primo ingresso (indovinate qual è?). La capacità adeguata a livello dell’ue per lo svolgimento delle procedure di frontiera sarà di 30 mila posti di accoglienza e gli stati membri dovranno garantire di essere in grado di svolgere le procedure di frontiera sul proprio territorio. Ciascun paese avrà un numero massimo di domande (tetto annuale) da esaminare nella procedura di frontiera, che sarà determinato dalla commissione. Vi è poi il regolamento sulle situazioni di crisi. Stabilisce norme procedurali adeguate e la rapida attivazione di meccanismi di solidarietà per rispondere a situazioni di crisi, come quella verificatasi nel 2015 e nel 2016, quando più di due milioni di persone sono arrivate nell’ue. Prevede un meccanismo di solidarietà e misure a sostegno degli stati membri che si trovino ad affrontare un afflusso eccezionale di cittadini di paesi terzi che porta alla saturazione del regime nazionale di asilo (e qui a tutti li daranno meno che a noi). Le norme mirano anche a contrastare la strumentalizzazione dei migranti, ovvero la situazione in cui paesi terzi o attori non statali ostili utilizzino i migranti per destabilizzare l’ue, e prevedano una possibile deroga temporanea dalle procedure standard di asilo. La riforma regolamento eurodac permetterà di identificare in modo più efficace chi arriva sul territorio dell’ue, aggiungendo le immagini del volto alle impronte digitali, e riguarderà i bambini a partire dai sei anni (per tutelarli e rendere più semplice l’eventuale ricongiungimento con i familiari). Le autorità possono registrare coloro che rappresentano una minaccia per la sicurezza, o quando la persona è violenta o irregolare. Un database comune raccoglierà informazioni più precise e complete per rilevare movimenti non autorizzati. Regolamento di screening: l’obiettivo è creare norme uniformi relative all’identificazione dei cittadini di paesi terzi all’arrivo, aumentando così la sicurezza all’interno dello spazio schengen. Le persone che non soddisfano i requisiti per entrare nell’ue saranno soggette a una procedura di screening pre-ingresso, che comprenderà l’identificazione, la raccolta dei dati biometrici e controlli sanitari e di sicurezza, per una durata massima di sette giorni. Verranno prese in considerazione le esigenze specifiche dei bambini e ogni paese avrà un meccanismo di monitoraggio indipendente per garantire il rispetto dei diritti fondamentali. Tante belle frasi ma intanto bisognerà vedere quanto tempo ci vorrà per l’ottimizzazione di tutte le procedure (si parla di due anni … per gamba). Entusiasti dell’accordo (che ora, però e lo ribadiamo, dovrà essere ratificato dal consiglio europeo) ursula von der leyen, presidente della commissione europea, che di recente è stata chiamata a rispondere sulla vicenda vaccini e non solo, ylva johansson, commissaria agli affari interni, margaritis schoinas, vice presidente della commissione ue e pure roberta metsola, presidente del parlamento europeo; a parte la prima che ha accompagnato la Meloni nei “viaggi della speranza” in tunisia, gli altri tre e la maggioranza di coloro che occupano gli scranni a bruxelles e strasburgo tutto hanno fatto, da lunghissimo tempo a questa parte, che mostrare vicinanza all’italia. Stavolta, invece, hanno voluto elogiare il nostro paese per come finora si è preso carico del problema immigrazione. Parole che suonano ulteriormente a presa in giro e a voler per l’ennesima volta mettercelo in quel posto. E difatti, rispetto a esternazioni di consenso, poche, si sono levati numerosi mugugni (toh, una volta che l’opposizione contesta giustamente… ) perché volete vedere che dei 27 paesi membri, forse due (ma è un dubitativo portato all’eccesso e all’ottimismo) accetteranno la ridistribuzione e gli altri, sovvertendo le tabelle praticamente emesse, se la caveranno con due soldi magari agevolandosi di una rateizzazione stucchevole e vergognosa? Ergo chi lo prenderà nelle tasche saremo sempre noi, con gli sbarchi (e ormai in italia sono stati individuati altri porti “ideali”) di un numero di migranti, che non ci potremo permettere di prendere, sempre maggiore, formato quindi da brava gente, speriamo tanta, criminali, delinquenti, gente che non ha voglia di fare nulla e cha cha cha. Hai voglia a dire i rimpatri saranno più rapidi, resteranno solo quelli che chiederanno asilo e ne avranno diritto. E chi la fa questa cernita, sempre noi, con quella miseria che ci daranno che impiegheremo per personale specializzato (e neanche basteranno) e dovremo pure garantire il massimo risultato. Aho!!! E cresceranno i soumahoro che ci suggeriranno di fare festa nazionale il giorno della fine del ramadan. Stra-aho!!!
Intanto comincia a tremare anche la spagna: non sono pochi i barconi che fanno rotta sulle canarie, la nuova lampedusa dei migranti in fuga. Sull’isola di el hierro, diventata la porta dell’europa con dodicimila sbarchi in due mesi, sembra quasi che le piroghe vogliano sfidare l’oceano atlantico. Ce ne vorrà di lavoro intenso, pulito, non interessato per dare finalmente una configurazione giusta per la risoluzione del problema. Che non deve mai più essere solo dell’italia.
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